Voce di donna
In che cosa la visita papale di domenica scorsa alla sinagoga di Roma è stata diversa dalle due precedenti?
In questi giorni non sono mancati i confronti, ma vorrei segnalare un elemento di novità che forse non è stato messo sufficientemente in evidenza e che invece mi pare abbia un forte significato simbolico: questa volta la prima voce che abbiamo ascoltato è stata quella di una donna. La cosa è tanto più significativa in quanto non è semplicemente una logica conseguenza dei ruoli istituzionali: se è vero che prima di Ruth Dureghello la Comunità di Roma non aveva mai avuto una Presidente, forse vale la pena di ricordare che nel 1986 in occasione della visita di papa Wojtyla la Presidente dell’UCEI Tullia Zevi, che pure era stata la prima a salutare il pontefice al suo arrivo, non aveva pronunciato nessun discorso all’interno della sinagoga e non aveva avuto parte attiva nella cerimonia. Pesi diversi attribuiti alle Comunità e all’Unione prima dell’8 per mille?
Volontà, nel 1986, di marcare il carattere specificamente romano dell’incontro? Può darsi, ma non riesco togliermi dalla testa il sospetto che allora per qualcuno potesse suonare anomalo che una donna prendesse la parola in un luogo normalmente riservato agli uomini in un contesto che, seppure estraneo alla liturgia, prevedeva comunque la recitazione di passi biblici e di salmi.
E oggi? Devo confessare che per me è stato emozionante sentire Ruth Dureghello prendere la parola per prima. Ma credo che la novità sia stata colta anche dai non ebrei che hanno seguito in diretta l’evento, tanto più che non so fino a che punto per il mondo esterno sia chiara la distinzione tra le nostre istituzioni religiose e laiche; o forse in questo caso la distinzione non era davvero rilevante: è stata vista e sentita una donna in un contesto in cui probabilmente molti si aspettavano di vedere solo uomini, di fronte a interlocutori cattolici che erano ovviamente e indiscutibilmente uomini. Forse, una volta tanto, abbiamo dato l’impressione (peraltro non del tutto infondata) di essere un passo avanti.
Una voce femminile che, tra i vari temi trattati, ha giustamente richiamato l’attenzione su un elemento che accomuna le nostre Comunità, grandi e piccole: ritengo infatti che sia stato molto opportuno riconoscere pubblicamente l’importanza di tutte le “persone, nella stragrande maggioranza volontari, che lavorano ogni giorno silenziosamente, con o senza ruoli ufficiali, per tenere viva una Comunità”.
Anna Segre, insegnante
(22 gennaio 2016)