Spotlight – Quando le tracce parlano
Da Tel Aviv a Colonia, da Londra a San Francisco. Da Madrid a Praga. E molto altro ancora, inclusa naturalmente Trieste. Una vera e propria rete di Memoria, costituitasi spontaneamente e gradualmente nel segno di un’opera che sembra distinguersi tra molte per temi trattati, qualità e intensità dell’impegno.
L’Orologio di Monaco, opera seconda di Mauro Caputo ispirata ai ricordi del regista e romanziere Giorgio Pressburger, è infatti la scelta di molti istituti di cultura, ambasciate, rappresentanze diplomatiche italiane all’estero per questo 27 gennaio.
Presentata nella selezione ufficiale del Festival Internazionale del Film di Roma, la pellicola porta sullo schermo una famiglia centroeuropea in cui confluiscono i nomi dei più grandi protagonisti della cultura otto-novecentesca. Un viaggio rivissuto con particolare emozione da Pressburger e in cui si intrecciano storie, violenza, arte, passioni, luoghi, colori, parole e memorie. Il racconto non solo di una vita, ma di una cultura.
Grande apprezzamento per l’opera è stato espresso dall’intellettuale triestino Claudio Magris, che così ne ha scritto: “Un uomo va alla ricerca di coloro che, nei tempi e nei Paesi più diversi, hanno portato il suo nome – nome di persone famose o sconosciute, sparse nel mondo nell’erranza del popolo ebraico – e scopre che quei legami non sono soltanto legami vicini o lontani di famiglia, ma legami universalmente umani. La sua odissea e la sua ricerca percorrono un mare di dolore, di avventura, di indistruttibile pietas e tenerezza e diventano semplicemente una ricerca dell’umano e dunque di se stessi. Un racconto cinematografico intenso e struggente, forte e discreto, che fa parlare non solo gli uomini ma anche i paesaggi, le cose, le tracce degli uomini passati sulla terra”.
(24 gennaio 2016)