Memoria, la minaccia dell’erosione
Una riflessione che si fa necessaria
L’appuntamento con il Giorno della Memoria rappresenta ormai una realtà consolidata nella coscienza della popolazione e il maggiore raccordo identitario di una società italiana che stenta sempre di più a identificare valori comuni. Ma al tempo stesso, e nonostante gli enormi sforzi che si compiono di anno in anno nei diversi settori della società, la percezione della Memoria appare pericolosamente minacciata e tende a sbiadire di fronte al proliferare delle iniziative che fanno riferimento al ricordo della Shoah e all’educazione delle nuove generazioni contro il rischio di nuovi genocidi.
Preservare la memoria, far sì che sia difeso al meglio un irrinunciabile presidio di Memoria viva, richiede quindi l’urgente elaborazione di strategie orientate più alla qualità degli interventi che alla loro quantità. A una logica attiva, lontana dai ritualismi, dalla ripetizione retorica e dai rischi delle espressioni vacuamente vittimistiche.
Sono queste le prime deduzioni che è possibile trarre dal terzo rapporto sulla percezione della Memoria nell’opinione pubblica, una ricerca elaborata dall’istituto di ricerche SWG in collaborazione con la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
A distanza di tre anni dalla prima edizione, il lavoro di ricerca si è ora arricchito di dati comparativi che lasciano leggere non solo l’alto e confortante livello di importanza che la cultura della Memoria ha assunto in una componente preponderante della pubblica opinione, ma anche la progressiva, preoccupante erosione che la percezione della Memoria viva sta subendo nel tempo.
Un campanello d’allarme che dovrebbe essere ascoltato e dovrebbe imporre una seria riflessione strategica per evitare il pericolo che questo appuntamento fondamentale non sia sulla lunga distanza a finire nel catalogo degli altri punti di raccordo identitario dell’Italia repubblicana che hanno finito per subire un progressivo sbiadimento.
In particolare la risposta affermativa alla domanda “Lei sa quale commemorazione ricorre il 27 gennaio” si attesta ora al 43,8 per cento (era il 48,2 un anno fa e il 54,4 nel 2014).
Il risultato non migliora sensibilmente nemmeno di fronte alla domanda che suggerisce una rosa di risposte possibili e quindi dovrebbe potenzialmente facilitare una corretta percezione.
I dati della ricerca, che il notiziario quotidiano Pagine Ebraiche 24 anticipa oggi e saranno resi noti in ogni elemento nelle prossime ore, fanno riferimento alle rilevazioni condotte da SWG nel triennio 2014-2016, su campioni rappresentativi di propri communiter, attraverso rilevazioni effettuate nel periodo compreso tra il 12 e il 22 gennaio di ogni anno, nella stagione di massima esposizione mediatica alle tematiche tematiche prese in esame.
I campioni 2014 e 2015 erano composti da 1000 soggetti; il campione 2016 è invece composto da 1200 soggetti rappresentativi della popolazione italiana maggiorenne.
Le domande sono state inserite all’interno di indagini più ampie che comprendevano anche altre tematiche di tipo sociale, politico e di costume.
Obiettivo generale dell’iniziativa è produrre un monitoraggio annuale della percezione che gli italiani hanno del fenomeno, verificandone la conoscenza spontanea e sollecitata, la percezione di rilevanza e il grado di coinvolgimento.
La lettura longitudinale del dato evidenzia come nel triennio il tema del “Giorno della Memoria” sia meno vivo nella mente degli italiani, tanto che sia le percentuali di ricordo spontaneo che quelle di ricordo sollecitato sono oggi inferiori al 50 per cento del campione.
Per quanto gli italiani continuino nella quasi totalità dei casi a ritenere particolarmente importante la celebrazione del Giorno della Memoria, negli ultimi due anni più di un quinto del campione ritiene che ormai si sia esaurito il significato di questa iniziativa, mentre un intervistato ogni sei ne colloca la rilevanza solo all’interno della realtà ebraica.
Nel corso del triennio si è progressivamente ridotta la percezione che il Giorno della Memoria sia un atto dovuto, per quanto questa definizione sia condivisa ancora da quasi due intervistati su cinque. Nel 2016 cresce di molto invece la percezione che si tratti di un atto giusto, esprimendo forse una maggiore partecipazione emotiva e una nuova sensibilità di fronte all’iniziativa.
“Questo dato – spiega Riccardo Grassi, direttore di ricerca a SWG – sembra dunque indicare la possibilità che sia in atto un cambiamento qualitativo della partecipazione, mentre il dato quantitativo, pur all’interno di alcune oscillazioni, non mostra variazioni di rilievo”.
Da sottolineare, infine, il significativo aumento della percentuale di intervistati che continua a ritenere come in Italia il sentimento antisemita resti poco o per nulla diffuso.
gv
(24 gennaio 2016)