Lotoro dirige la Israel Chamber Orchestra
Tel Aviv, le note della Memoria

Lotoro “Lunga vita alla vita!“ è il titolo del concerto di musiche scritte nei Campi di concentramento che la Israel Chamber Orchestra eseguirà sotto la direzione del maestro Francesco Lotoro.
Le partiture sui due pianoforti della sua casa di Barletta sono numerose; il maestro è impegnato nella preparazione del concerto che dirigerà la sera di mercoledì 27 gennaio 2016 presso l’Auditorium del Conservatorio Israeliano di Musica a Tel Aviv, una vivace istituzione attenta alla produzione musicale del nostro paese che spesso opera in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura.

Maestro, dopo il concerto all’Auditorium di Roma per il Giorno della Memoria del 2015, intitolato “Tutto ciò che mi resta – Il miracolo della musica composta nei Lager” anche il concerto per il 27 gennaio 2016 sarà dunque dedicato alle opere da lei salvate dai Lager, catalogate e inserite nella enciclopedia Thesaurus Musicae Concentrationariae.

Ho ricevuto richieste di collaborazione da diversi solisti e orchestre; questo mi rincuora dopo anni dedicati alla ricerca di un patrimonio universale che non volevo andasse perduto. Ora molti musicisti vogliono condividere con me l’impegno di dare voce ad una generazione di autori ed esecutori interrotta dalla guerra, far proseguire idealmente la vita di quei musicisti e artisti. Il concerto del prossimo 27 gennaio nasce in questo spirito, è frutto della collaborazione dell’Ambasciata d’Italia in Israele e dell’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv con l’Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria, il Conservatorio di Musica di Tel Aviv, la Israel Chamber Orchestra e l’Associazione Last Musik Onlus.

Il prossimo 27 gennaio, al Conservatorio israeliano di Tel Aviv lei avrà il duplice ruolo di pianista e direttore d’orchestra sul podio della prestigiosa Israel Chamber Orchestra.

Sì, è l’orchestra israeliana fondata nel 1965 da Gary Bertini Questa orchestra è stata diretta da Mstislav Rostropovich, Vladimir Ashkenazy, Isaac Stern, Itzhak Perlman, Pinchas Zukerman, Kryzstof Penderecki….. Sarà per me un grande onore come musicista e come ebreo poterla dirigere.

Come ha scelto il titolo del concerto?

“Lunga vita alla vita!” è il titolo di una piéce scritta a Theresienstadt da Karel Svenk. Eseguiremo opere di Karel Berman, William Hilsley, Jozef Kropinski, Rudolf Karel e altri. Al pubblico di Tel Aviv riserveremo in prima mondiale il “Canto per tenore e pianoforte” scritto nel 1944 presso il braccio della morte del carcere di San Vittore dallo scrittore e musicista sufi italiano Gabriele Mandel Khan.

Un sufi a san Vittore?
 
Gabriele Mandel nacque a Bologna nel 1924 da Jusuf Roberto Mandel e Carlotta Rimini, scrittrice ebrea; dunque era ebreo per la nostra tradizione. Si diplomò in violino e armonia con Arrigo Pedrollo. Ritengo che Gabriele Mandel abbia abbracciato sin da giovane la dottrina sufi, suo zio Keki Efendi khan i Hetimandel rûd era il principale esponente del sufismo in Afghanistan. Fino al 1939 Gabriele Mandel pubblicava sul Corriere dei Piccoli novelle ispirate alla spiritualità dei sufi; nel 1940 venne espulso dal Corriere dei Piccoli perché figlio di madre ebrea. Durante gli ultimi mesi di occupazione tedesca dell’Italia settentrionale fu imprigionato con suo padre e torturato dai nazisti nel carcere di San Vittore per non aver voluto collaborare con loro. Suo padre scrisse un libro di memorie intitolato “L’inferno del carcere di san Vittore”.

Nel concerto ”Lunga vita alla vita“ quali brani ascolteremo? Quali autori, quali percorsi artistici ha scelto di proporre al pubblico israeliano?

Il primo importante percorso spirituale e artistico lo compie il pubblico che viene ad ascoltare questa musica; partecipare ai concerti di musiche dei campi di concentramento è di per sé un percorso di riscatto della musica. Il pubblico dei nostri concerti è consapevole che molti di questi spartiti sono appartenuti a musicisti costretti ad esibirsi per intrattenere le autorità del Lager. Nel concerto di Tel Aviv tuttavia eseguiremo per la maggior parte musiche originali, molte delle quali vennero tenute nascoste in modo avventuroso. Un patrimonio artistico-musicale da ascoltare innanzitutto memori dell’uso straniato e straniante che si è fatto della musica nel Lager e dei musicisti nel Lager. E soprattutto eseguiremo opere di musicisti delle più diverse confessioni. Alcuni brani del concerto di Tel Aviv sono dedicati al Natale come “Noël Languedocien” di Emile Goué o brani musicali tratti da “La Favola di Natale” di Giovannino Guareschi. Eseguiremo anche la “Fantasia en Provençal”, Christmas Carol del compositore olandese di origine britannica William Hilsley che fu registrato come quacchero nel Campo di internamento civile di Kreuzburg. In occasione del Natale 1943 scrisse una “Missa in Festa Nativitatis” per i suoi compagni di prigionia cattolici, che gliela chiesero espressamente. Nel 2004 scoprii che il vero nome di Hilsley era Josef Ben Mendel Hallevi, dunque era ebreo.

Quali solisti accompagneranno l’orchestra?

Il cantante del concerto di Tel Aviv è il baritono Yoav Weiss che ha studiato alla Buchmann-Mehta School of Music; è giovane ma ha già lavorato con la Israel Philharmonic Orchestra, la Jerusalem Symphony Orchestra, la Israel Chamber Orchestra e il Gary Bertini Choir.

Non poche telefonate giungono al cellulare del maestro nel corso della nostra intervista per l’organizzazione di numerosi eventi e viaggi di studio presso archivi. Uso il tempo per soffermarmi su alcune foto. Una risale al dicembre 2013 quando il pianista e compositore venne insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine “des Arts et Lettres” dal Ministero della Cultura francese.
Maestro lei si è occupato di musicisti di tutto il mondo, perché la Francia le ha riconosciuto questa onorificenza.

Loro hanno detto letteralmente così: “ha dedicato ai compositori francesi deportati nei Lager notevoli sforzi di ricerca, salvando così le loro musiche”. La cerimonia di consegna delle onorificenze si è svolta presso l’Ambasciata di Francia a Roma.

Un anno prima lo scrittore francese Thomas Saintourens le aveva dedicato una monografia.

Thomas è un giovane giornalista e scrittore, “Le Maestro” è il suo secondo libro, Maria Moresco lo ha tradotto in italiano per Piemme e poi è stato tradotto in lingua ceca. Un libro che ha richiesto del tempo; il nostro primo incontro avvenne nel luglio del 2011 in queste stanze.

Il libro riconosce a Francesco Lotoro la competenza musicologica che gli ha consentito di valutare l’immane testamento del cuore scritto a più mani nei campi e la coraggiosa scelta di salvare il messaggio musicale di tutti i musicisti del mondo deportati per le più diverse circostanze storiche.
Maestro come si colloca il suo lavoro di ricerca nella musica del Novecento?

La storiografia musicale del Novecento dovrà necessariamente essere riscritta e riconsiderata alla luce del recupero della musica dei Lager e dei suoi autori. Dallo sconosciuto polacco Józef Kropiński, addetto all’infermeria di Buchenwald, che di notte scrisse circa 300 opere, sino ad alcuni dei più grandi musicisti del ‘900 come Viktor Ullmann che a Theresienstadt scrisse 3 Sonate per pianoforte e l’opera “Der Kaiser von Atlantis”, completata pochi giorni prima di morire gasato ad Auschwitz. L’auspicio è che la produzione musicale concentrazionaria divenga materia di studio nei Conservatori e Università. Io mi sono da sempre basato sull’impostazione musicologica di Guido Fackler, un grande studioso tedesco esperto della musica politica concentrazionaria prodotta dal 1933 al 1939. In Italia c’è il Prof. Franco Piperno, ordinario di Musicologia e Storia della Musica all’Università Sapienza, che si è impegnato a promuovere nel mondo accademico l’importanza della riscoperta della musica dei Lager proprio per ricomporre tutti i tasselli mancanti della Musica del ‘900.

Giovanna Grenga

(Nell’immagine: Francesco Lotoro analizza i manoscritti musicali conservati al Terezin Museum).

(26 gennaio 2016)