Torino – Quelle storie salvate dall’oblio

20160126_214639Due i libri presentati in Comunità per il Giorno della Memoria. Il primo costituisce l’ultima porzione di un progetto molto più ampio: si tratta infatti del quarto volume del Libro dei deportati (ed. Mursia, 2015), nato dalla ricerca svolta dal Dipartimento di Storia dell’Università di Torino, diretta da Bruno Mantelli, dottore di ricerca in Storia Contemporanea e Nicola Tranfaglia, professore emerito di Storia dell’Europa e del Giornalismo. Il progetto è inoltre promosso dall’Associazione Nazionale Ex Deportati. Il secondo, Sulla strada per il Reich (ed. Mursia, 2014), opera di Giovanna D’Amico, dottore di ricerca in Studi Storici, fornisce una rappresentazione completa del campo di Fossoli. L’iniziativa è stata realizzata grazie alla collaborazione tra Comunità ebraica di Torino e il Goethe Institut Turin. All’incontro, moderato dal presidente della Comunità Dario Disegni, hanno preso parte, tra gli altri, lo storico e docente Alberto Cavaglion, Giovanni De Luna, docente di storia contemporanea, Roberta Cano, dirigente del Goethe Institut e gli stessi Mantelli e D’Amico.
I due volumi rappresentano il coronamento di una lunga e pluridecennale fatica che, spiega Disegni, si è basata su un lavoro intenso di coordinamento. In particolar modo il quarto e ultimo volume porta a compimento il sogno di Bruno Vasari, che voleva veder compiuta una storia complessiva sulla deportazione.
Segue l’intervento di Roberta Cano, che esprime un atto di ringraziamento e riconoscenza agli enti che danno modo di riflettere su quella porzione di storia che lo stesso Goethe Institut usa come filo rosso nelle proprie iniziative. Molti i temi affrontati durante la presentazione: Alberto Cavaglion pone l’accento sull’aspetto bibliografico, che costituisce una parte di lavoro imponente in entrambi i testi. A colpire la sua attenzione sono le numerosissime schede bibliografiche dei deportati, che assumono la valenza di carta d’identità a coloro a cui è stata negata. Queste schede contengono informazioni sul deportato, quando è stato internato, in quale o quali campi e perché. Il tutto viene condensato in poche righe. In questo modo riemergono dal profondo buco nero della Shoah le singole individualità. Lo stesso De Luna lo ha definito “un enorme groviglio senza identità”. De Luna poi prosegue con un’analisi del rapporto tra la Shoah e la modernità europea, domandandosi quali siano stati i motivi legati alla deportazione. Ne individua due: la razionalità produttiva e l’ideologia razzista. “Sono motivi che coesistono”, afferma De Luna, “Brunello Mantelli nella sua opera parla di un campo di tensione tra queste due variabili. Per De Luna questo campo costituisce il nodo centrale del disastro del Novecento: ‘Cosa governava il campo? Sterminio e produzione di massa. Questo è quello che ci inchioda alla riflessione e interroga noi europei perché è stata costruita con il nostro modello industriale e e la nostra ideologia’.
Prende poi la parola Giovanna D’Amico, che si sofferma in particolare sulla centralità assunta dall’aspetto bibliografico. “Senza biografie”, spiega, “il libro non avrebbe avuto ragion d’essere”. Il punto di partenza della sua ricerca è stato proprio il primo volume de Il libro dei deportati, che contiene 23.826 biografie di italiani deportati. Da lì si è potuto, incrociando le fonti, determinare coloro i quali stanziarono nel campo di Fossoli. “Sono partita dal noto per arrivare all’ignoto”. L’obiettivo dell’opera è stato non ridurre ad unicum le diverse esperienze che si sono diffuse sotto un unico cappello della sofferenza. “Il testimone si rappresenta così ma lo storico deve fare un passo in più”, conclude l’autrice.
Conclude l’incontro Brunello Mantelli, sottolineando l’immenso lavoro di coordinamento che sta dietro all’intera opera de Il libro dei deportati. Quest’ultimo volume, pubblicato proprio il 25 aprile 2015, ha come temi centrali i deportati antifascisti, le loro modalità di cattura e lo spinoso concetto di razionalità produttiva. Porta come esempio la biografia di uno dei deportati: Angelo Adam, un fiumano di lingua italiana, appartenente all’elite operaia, repubblicano, dannunziano, antifascista. Racconta la vicenda per restituircene le molteplici sfaccettature. Non si tratta di eccesso di zelo, ma di un tentativo di restituire l’identità con precisone e prove fondate, bandendo così la confusione, l’errore, la confutazione di ciò che è avvenuto.

Alice Fubini

(27 gennaio 2016)