La pagliacciata di Rouhani
“Che io possa aver sempre in cuore passione per Belle d’angeliche forme, / E liquido d’uva purissimo possa aver sempre in mia mano” canta il poeta e filosofo persiano Omar Khayyam, vissuto a cavallo del XI secolo, in una di quelle quartine che hanno sempre come oggetto l’amore e il buon vino, così come quelle di Hafen, altro poeta “nazionale”. Chissà allora quale lezione di pudore e buon costume voglia dare l’Italia al resto del mondo, se a quanto pare di propria spontanea volontà, arriva a coprire e ad “inscatolare” le proprie statue, e quindi la propria cultura, per non scandalizzare il presidente iraniano Rouhani.
Sarà contento Houllebecq quando parla di soumission, se in un eccesso di relativismo culturale, il nostro paese invece di denunciare la negazione di alcuni fondamentali diritti in cui versa lo stato iraniano, cerca di esaudirlo ad ogni costo, finendo quindi inversamente per legittimare la sua condotta. Pecunia non olet lo sappiamo, il business e gli affari, vero scopo di questi incontri, vengono sempre prima di qualunque lezione morale. Così è sempre stato con i peggiori dittatori da Pinochet, fino agli odierni Gheddafi ed Erdogan, accolti sempre in pompa magna.
Ma ancora più triste, che tutta questa pagliacciata abbia luogo proprio nel Giorno della Memoria.
Francesco Moises Bassano
(29 gennaio 2016)