Genova – Sport, propaganda e veleni
Il complesso rapporto fra l’attività agonistica, sia professionistica che amatoriale, e l’autorità statale colto in una prospettiva meno approfondita di altre. Lo sport europeo sotto i regimi totalitari analizzato nella sua relazione con il movimento olimpico, con la storia del Terzo Reich e del regime fascista, e con unʼattenzione particolare al destino degli atleti la cui carriera fu contrassegnata, spesso drammaticamente, dallʼavvento delle dittature.
A guidarci in questo percorso è la mostra “Sport, sportivi e Giochi Olimpici nell’Europa in guerra (1936-1948)”, curata dalla Comunità ebraica genovese in collaborazione con Mémorial de la Shoah de Paris e USR Liguria e con il patrocinio e il contributo del Consiglio regionale Assemblea legislativa della Liguria.
Inaugurata ieri nel museo ebraico cittadino con un intervento della vicepresidente Miryam Kraus, la mostra si compone di 27 pannelli e sarà visitabile fino al prossimo 17 marzo (orari: lun-giov 9.30-13.00 / pomeriggio e domenica solo su prenotazione).
Ad aprire la giornata una conferenza di Paul Dietschy dell’Université di Bourgogne-Franche-Compé su “Lo sport nella Germania nazista e nell’Europa fascista: l’esempio del calcio tra propaganda e razzismo”.
Foltissimo il pubblico in sala e numerose anche le scolaresche che hanno visitato oggi gli spazi espositivi, guidati dalla vicepresidente Kraus (che è curatrice di uno specifico pannello dedicato allo spezzino Adolfo Croccolo, “atleta orgogliosamente ebreo nell’Italia delle contraddizioni”). Oltre 180 inoltre gli studenti che hanno potuto ascoltare una nuova lezione di Dietschy.
(1 febbraio 2016)