Technion,
progresso e umanità
Studiare al Technion è stata un’esperienza costruttiva, non solo dal punto di vista accademico ma anche umano. Non voglio parlare del livello accademico dell’università, che si sa, è molto alto tanto che il Technion compare sempre tra gli istituti migliori nelle classifiche mondiali. Vorrei più che altro parlare del contributo ‘umano’ che il Technion continua a dare alla società israeliana e a quella palestinese, ma anche a livello mondiale.
Un piccolo esempio dalla facoltà in cui ho studiato e mi sono laureata, quella di Ingegneria Civile e Ambientale. Qualche anno fa un docente ha fondato un’associazione chiamata Engineering Without Borders (Ingegneri senza frontiere), composta da studenti e docenti della facoltà stessa. Questa associazione opera al fine di migliorare la qualità della vita della popolazione in Israele e le popolazioni dei paesi in via di sviluppo in tutto il mondo attraverso progetti internazionali e locali per lo sviluppo sostenibile. Tali progetti sono volti a migliorare la qualità della vita in quei luoghi attraverso l’attuazione di varie tecnologie e di programmi di formazione, istruzione, e a responsabilizzare la comunità. Al momento il gruppo si sta occupando di sviluppare un progetto per fornire energia sostenibile alle comunità beduine del Negev, in Israele. L’associazione ha in progetto di costruire e installare turbine eoliche nel villaggio di Kasr-Al-Ser, una comunità con circa 800 famiglie in tutto provenienti da Dimona. Circa 20 studenti stanno lavorando sulla costruzione di turbine eoliche da zero – e questo include la costruzione delle lame, generatori, alberi per il montaggio e il sistema di distribuzione elettrica per l’alimentazione. Lo scopo del progetto è di creare un sistema che contribuirà a fornire l’energia necessaria a permettere alle donne beduine nel villaggio di istituire una cooperativa di sarte e di refrigerare gli alimenti. Engineering Without Borders si sta anche occupando di un progetto idrico in Etiopia.
Credo perciò che all’origine dell’iniziativa italiana di boicottaggio ci sia un’ignoranza di fondo. Sono sicura che la maggior parte dei docenti firmatari dell’appello non sia mai venuta a visitare il nostro campus. So con altrettanta certezza che probabilmente queste persone non sono ben informate circa le ricerche rivoluzionarie di cui il Technion si occupa e delle invenzioni e scoperte fatte in passato, che hanno migliorato di gran lunga la nostra qualità di vita.
Purtroppo, nella realtà che stiamo vivendo, Israele per assicurarsi il diritto di esistere ha bisogno di difendersi dai numerosi nemici che lo circondano. Questo spinge spesso l’accademia a sviluppare dei mezzi che possono assicurare la sicurezza necessaria a tutti i cittadini israliani – ebrei, musulmani, cristiani, drusi….siamo tutti cittadini israeliani! Lo testimonia persino l’Iron Dome, brevettato da un laureato al Technion per assicurare una protezione totale del territorio israeliano dai missili lanciati da Gaza, Libano e Siria, non spara solo quando sa che il missile colpirà un territorio abitato da ebrei, ma è stato creato per difendere tutti i cittadini di Israele, indipendentemente dalla religione o etnia. Purtroppo, i docenti di queste università Italiane vivono in una realtà troppo diversa dalla nostra per poter capire e comprendere queste necessità.
Hanna Levy
(2 febbraio 2016)