Milano-Tel Aviv, l’arte che unisce

Schermata 2016-02-03 alle 13.08.50Laboratori d’arte come luoghi di integrazione, luoghi in cui potersi esprimere superando le barriere linguistiche e in cui confrontarsi con le proprie esperienze traumatiche. A legare la Casa della carità Angelo Abriani di Milano e la Scuola Balik Rogozin di Tel Aviv è l’impegno a offrire un percorso di arte terapeutica a centinaia di giovani immigrati arrivati in Italia e Israele fuggendo da povertà, conflitti, fame. Due esempi di impegno sociale a cui l’Associazione amici del Museo d’arte di Tel Aviv (Amata) ha voluto dedicare la mostra “Excellence has no color”, da oggi esposta alla Fondazione Arnaldo Pomodoro. Un legame, quello tra Tel Aviv e Milano, che può contare su un pluridecennale gemellaggio tra le due città e che poggia anche sul tema della solidarietà, come è stato ribadito nel corso della consegna da parte dell’Associazione Amata a Palazzo Marino del premio di “uomo dell’anno 2016” a don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità. “Una persona straordinaria il cui impegno è un esempio di come si possa creare un mondo migliore”, ha sottolineato il vicesindaco di Tel Aviv Mehereta Baruch-Ron, Schermata 2016-02-03 alle 13.05.52che nel corso della cerimonia ha portato la sua testimonianza, ricordando il duro viaggio che dall’Etiopia la portò in Israele. “Dobbiamo ricordarci che siamo sempre stranieri di fronte a qualcun altro”, il monito di fronte alla complessa situazione attutale del Consigliere comunale Ruggero Gabbai (nell’immagine con il vicesindaco di Tel Aviv) sottolineato alle tante persone riunitesi in sala Alessi per assistere alla premiazione di don Colmegna. “A suggerirmi di visitare la Casa della Carità è stato Jean Blanchaert (che ha curato la mostra alla Fondazione Pomodoro) e appena ho visto il lavoro che don Colmegna e i suoi collaboratori fanno con i profughi ho chiamato il sindaco di Tel Aviv Ron Huldai e abbiamo deciso che non poteva essere che lui il nostro ‘uomo dell’anno”, ha spiegato la presidente di Amata Anna Sikos.  La Casa della Carità così come il museo di Tel Aviv sono da anni impegnati nel promuovere iniziative che, attraverso il linguaggio dell’arte ma non solo, permettano ai nuovi arrivati, ai profughi provenienti da decine di paesi diversi, di integrarsi nella società e di ricostruirsi una vita. E a riguardo, il vicesindaco ha raccontato di sé: “c’era una volta una bambina di dieci anni che viveva nel suo villaggio in Etiopia. Non sapeva cosa fosse la scuola, cosa volesse dire leggere o scrivere. Aiutava il padre con il bestiame e la madre nelle faccende di casa. Poi ha dieci anni intraprese da sola un lungo e difficile viaggio verso una nuova speranza. – ha raccontato Baruch-Ron – Tre settimane di cammino, la portarono in Sudan, in un campo profughi dove rimase per sei mesi, sola, soffrendo la fame. Poi finalmente il viaggio con le aquile di metallo verso la Terra dei suoi padri”. E arrivata in Israele il futuro vicesindaco si costruirà una nuova vita, si ricongiungerà con la propria famiglia, andrà a studiare psicologia a Haifa, fino ad arrivare al fianco di Huldai alla guida di Tel Aviv. Un esempio di integrazione.
Tra gli appuntamenti milanesi del vicesindaco, anche una visita alle strutture della Comunità ebraica della città. “È sempre emozionante vedere come l’ebraismo della Diaspora conserva e custodisce le proprie tradizioni, costruisce le proprie Comunità, creando asili, scuole ebraiche, case di riposo. – ha spiegato Baruch-Ron, accolta dai presidenti della Comunità Raffaele Besso e Milo Hasbani e dal rabbino capo Alfonso Arbib – In Israele queste cose sono date per scontate mentre qui a Milano, come altrove nella Diaspora, ci si rende conto di come non lo siano. Si sente la solidarietà, quel senso di responsabilità comunitario”.


d.r.

(3 febbraio 2016)