libertà…
Colpisce la cerimonia descritta nei primi versi della parashà di Mishpatim (Esodo 21, 5-7) con la quale il servo temporaneo, dopo aver deciso di restare a servizio perpetuo, è portato vicino allo stipite della porta e gli viene bucato l’orecchio come segno del proprio status di servitù per la vita. Il Talmud Kiddushin 22b sottolinea che il luogo dove avviene la cerimonia, lo stipite, è lo stesso dove la generazione uscita dall’Egitto ha posto il sangue del sacrificio per segnare le case ebraiche da salvare al passaggio dell’angelo della morte, così come l’orecchio è l’organo che ha sentito sul Sinai il comandamento: “Io sono il Signore che ti ha fatto uscire dalla terrà di Egitto, dalla casa degli schiavi…” e che, accettando la schiavitù, disprezza la salvezza e la libertà donata da Dio. Una grande lezione per tutti quei momenti nei quali ci schiavizziamo e serviamo altri padroni che non siano l’Eterno, se credenti, o la nostra identità di persone libere, di ebrei consapevoli, di esseri umani onesti.
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
(5 febbraio 2016)