…italiani
Nella sua riflessione del 5 febbraio su come meglio ricordare ebrei e Italia fino al 1943, Sergio Romano rileva giustamente che – al di là della polemica fra l’apologia degli “italiani brava gente” e l’auto-denigrazione – andrebbe messo maggiormente in rilievo l’aiuto che da tanti italiani coraggiosi fu offerto agli ebrei. Questo è stato appunto uno dei messaggi centrali della commemorazione che si è svolta nella seduta solenne del Consiglio Comunale di Bologna lo scorso 25 gennaio. I tre esempi scelti da Romano bene dimostrano l’impegno disinteressato e a volte eroico di probi funzionari italiani a favore degli ebrei prima del 1943, ma non sono i più adatti a chiarire l’argomento. Infatti tutti e tre i casi si sono svolti fuori dal territorio italiano, in zone di occupazione militare. È ben noto e acquisito che l’esercito italiano si comportò generalmente con grande correttezza nei confronti delle comunità ebraiche delle zone occupate, fintanto che non fu sopraffatto e esautorato dalle forze militari tedesche.
È invece molto importante aggiornare la storiografia italiana riguardo a ciò che avvenne in quegli anni proprio sul territorio della penisola. In questo senso è di grande importanza il lavoro di ricerca e di riconoscimento svolto da Yad Vashem – il Memoriale della Shoah e dell’eroismo a Gerusalemme. Se solamente consideriamo i riconoscimenti ufficiali che sono avvenuti negli ultimi cinque anni, scopriamo che hanno operato in Italia ben 84 Giusti delle Nazioni che hanno contribuito a salvare la vita di 314 ebrei. Le storie di questi salvatori sono straordinarie per la varietà di situazioni e di contesti sociali e culturali, per il coraggio e la capacità di inventiva in cui si è espressa la volontà di operare a fin di bene, e sempre a rischio della propria vita e con assoluto disinteresse. Queste storie meritano di essere divulgate, soprattutto tra i giovani, come messaggio di alta civiltà e di ottimismo nei confronti di quella parte buona che pur sempre esiste nella natura umana, accanto alla parte malvagia.
Semmai nell’intervento di Romano manca un riferimento, forse ovvio ma sempre dovuto, alla politica ufficiale italiana del periodo fra il 1938 e il 1943. Qui il mito dei “buoni italiani” appare indifendibile. Le leggi razziali fasciste furono approvate all’unanimità dal parlamento italiano, con la firma del re accanto a quella di Mussolini. Qui non c’entrano i nazisti, era la rappresentanza ufficiale degli italiani che esprimeva le sue scelte, e la maggior parte dei cittadini si allinearono. A volte a malincuore e con costernazione, spesso con convinzione e attivismo. Non è dunque possibile oggi non menzionare ogni volta questa pagina obbrobriosa di storia, specialmente quando gli stessi germi di antisemitismo, di ostracismo e di boicottaggio sono sempre in circolazione e continuano a inquinare imperterriti il discorso pubblico e privato.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
(11 febbraio 2016)