Madri d’Israele – Rivka

David Zebuloni, studente Se passeggiaste per le vie di Bnei Barak o in qualche antico quartiere di Gerusalemme, probabilmente non la riconoscereste. Rivka Ravitz si confonderebbe alla perfezione con le altre parrucche e le lunghe gonne nere. Abiti semplici, il viso pulito, al collo una semplice catenina d’oro.
Tuttavia, la mia Madre d’Israele riserva per noi grandi sorprese ed inaspettati colpi di scena.
Alla soglia dei quarant’anni e con undici figli ad aspettarla in casa, Rivka è il braccio destro del presidente israeliano, Reuven Rivlin.
Alla Knesset, il Parlamento israeliano, si vocifera maliziosamente che gran parte del successo del Presidente, nonché la nomina stessa all’ambita ed illustre carica, sia unicamente dovuta alla nostra protagonista.
E così la vediamo mentre gli organizza l’agenda, risponde al suo telefono, cura la sua immagine, coordina i suoi interventi, filtra le sue dichiarazioni.
madri d'Israele RivkaRivka ridimensiona il ruolo di Rivlin, dando inizio ad una fortunata serie di interventi pubblici e rendendo la sua figura attiva e centrale all’interno della società israeliana.
Fu proprio lei, infatti, che decise che il presidente, in quanto rappresentante dell’intero Stato Ebraico, dovesse porgere personalmente le sue più sincere condoglianze alle 67 famiglie straziate dalla perdita dei loro cari, durante la guerra di Tzuk Eitan, la scorsa estate. Rivlin si presentò dunque a sorpresa nelle loro case, omaggiando così le vittime e dimostrando la sua vicinanza a decine di genitori, di mogli e di figli lacerati dal dolore.
Oltre allo straordinario gesto di umanità, il presidente riuscì finalmente a conquistare l’opinione pubblica, nota in Israele per le sue continue condanne nei confronti dei politici e della politica.
Rivka, invece, la ritroviamo poco tempo dopo in Italia.
Irrinunciabile braccio destro e carta vincente di Rivlin, ricordiamo la loro visita a Roma, avvenuta l’anno scorso ce culminata in un caldo e sincero abbraccio con la Comunità Ebraica nel Tempio Maggiore. Fu un incontro indimenticabile.
Fu un altro l’episodio, tuttavia, che catturò la nostra attenzione e riempì i nostri cuori di orgoglio. Anzi, di compiacimento più che di orgoglio.Un istante tanto breve quanto intenso, un istante che i media internazionali non hanno mancato di rimarcare fino allo stremo. Un piccolo gesto dal significato profondo, un fermo immagine passato alla storia. Si tratta dell’inchino che Papa Francesco rivolse a Rivka per salutarla. Un inchino ben consapevole del limite posto tra i due, un inchino colmo di rispetto, non di circostanza.
E dopo questo attimo di pura celebrità, al confine tra il religioso e il politico, restituiamo la nostra eroina ai suoi undici bimbi; alle sue lavatrici, i panini per scuola, le challot prima di Shabbat, i termometri e le borse calde, alle favole prima di coricarsi. Perché anche questo significa essere Rivka Ravitz, anche questo significa essere una Madre d’Israele.

David Zebuloni

(11 febbraio 2016)