permanenza…

L’esegesi rabbinica vede nel Tabernacolo un microcosmo che simboleggia l’intera creazione della cui elevazione l’uomo porta la responsabilità. Anche gli stessi oggetti e arredi del Mishkàn, il Tempio semovente, corrispondono ognuno a un diverso aspetto della creazione. La ritualità quotidiana del Santuario è scandita dal concetto del Tamìd, Sempre, che ci dà il senso della permanenza. Uno dei messaggi più forti che ci trasmette il culto del Santuario è quello della permanenza dei valori nella loro successione temporale e nella loro elevazione. Più si usa una cosa e più questa sale di sacralità, una durata senza usura. Questa permanenza è garantita soprattutto da un certo tipo di rapporti interpersonali, di collaborazione fra tutti gli operatori che sono solidali intorno a un progetto comune. Un modello, quello del Santuario, che dovrebbe costituire, anche ai nostri giorni, il presupposto per la continuità delle nostre istituzioni, imparando a non guardare sempre e solo al proprio orticello.

Roberto Della Rocca, rabbino

(16 febbraio 2016)