Si apre l’armadio della vergogna
Gli storici a confronto
Vivo interesse e molte speranze tra gli storici del nazifascismo con l’avvio della pubblicazione degli atti della commissione parlamentare d’inchiesta sul cosiddetto “armadio della vergogna” contenente 695 fascicoli d’inchiesta e un registro generale riportante 2274 notizie di reato relative a crimini di guerra commessi sul territorio italiano durante l’occupazione nazifascista. Una svolta che è frutto dell’impegno personale della presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini, che ha ricordato in queste ore come un “paese veramente democratico” non possa avere paura del proprio passato.
Nonostante i ritardi accumulati in questi decenni per Lutz Klinkhammer, direttore di storia contemporanea all’Istituto Germanico di Roma, il bicchiere è mezzo pieno. “Si tratta – racconta a Pagine Ebraiche – di un’operazione di trasparenza molto lodevole, che certamente renderà l’accesso più facilitato ai cittadini. Il frutto di una volontà politica che va senz’altro apprezzata”. Klinkhammer ha rapidamente analizzato i documenti disponibili da questa mattina sul sito dell’archivio storico della Camera. “La prima impressione – osserva – è che manchi ancora molto materiale, custodito in particolare da alcune istituzioni e organi militari. La speranza è che tutto possa essere consultabile nei tempi più rapidi e in modo libero, senza vincoli”.
“Il fatto che questo materiale sia online è estremamente positivo” sottolinea Anna Foa. Già ieri, in occasione dell’annuncio, aveva sottolineato l’importanza e il significato di questa operazione. Con l’auspicio che la pubblicazione degli atti dia il via “a studi ancora più approfonditi su quella stagione, fornendo nuove risposte e chiarendo punti che restano oscuri”. Perché, aveva poi ricordato, “ne abbiamo davvero tutti molto bisogno”.
Condivide questa impostazione Mario Avagliano, che racconta come tra colleghi e addetti ai lavori l’attesa fosse molta. “Per lunghi anni – afferma – il silenzio è calato in modo inesorabile. L’amnistia concessa da Togliatti, e in seguito il fatto di dover tutelare la Germania Ovest come bastione occidentale per tutto il corso della Guerra Fredda, hanno impedito una vera ricerca fino a tempi non così lontani. Oggi, nel nome della trasparenza, viene fatto un nuovo passo in avanti”.
Meno entusiasta Marcello Pezzetti, direttore scientifico del Museo della Shoah di Roma. “La pubblicazione ha ormai valore soltanto per gli storici e lascia per questo molta tristezza. Insieme a una domanda: quanti criminali sarebbero stati condannati se questo materiale fosse stato divulgato ben prima? Il rammarico – afferma – è che abbiamo impedito alla giustizia tedesca di fare il suo corso”. Riguardo al materiale diffuso online, Pezzetti si dice convinto che non “tocchi più di tanto” la costruzione che è stata fatta delle diverse vicende belliche.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(Nell’immagine in alto la scelta dei prigionieri destinati alle Fosse Ardeatine)
(16 febbraio 2016)