JCiak – L’Exodus di Dalton
Se almeno una volta Exodus vi ha strappato un sorriso, una speranza o una lacrima, correte a vedere Trumbo. E scoprirete la giocosa casualità con cui ha visto la luce una delle pietre miliari dell’immaginario ebraico di tutto il mondo. Nelle sale italiane da una settimana e in corsa per gli Oscar, Trumbo ci porta nell’America buia degli anni Cinquanta, quando l’ossessione anticomunista del senatore Mc Carthy colpisce senza pietà giornalisti, scrittori, sceneggiatori, intellettuali e sindacalisti e fa vittime soprattutto a Hollywood dove la presenza ebraica negli studios è già allora notevole.
Il regista Jay Roach mette in scena questo spaccato quegli anni senza il tocco cupo e quasi disperato di Good Night, Good Luck (2005), in cui George Clooney, nei panni di regista e protagonist, aveva narrato lo scontro tra il giornalista della Cbs Edward Murrow e Joseph Mc Carthy. In Trumbo si ride e si sorride, anche se la vicenda vera di Dalton Trumbo (Bryan Cranston) non è poi tanto allegra.
Sceneggiatore tra i più pagati di Hollywood, presenza fissa nelle rubriche mondane, schierato con i sindacati, verrà chiamato a testimoniare davanti al Comitato per le attività antiamericane nell’ambito delle indagini sulle attività comuniste negli Stati. Rifiuterà di rispondere e sarà arrestato.
Nei tredici anni che seguono, le maggiori case di produzione di Hollywood rifiutano di farlo lavorare mentre l’ostilità della giornalista mondana Edda Hopper, potentissima e ferocemente anticomunista (una sempre bravissima Helen Mirren) sancisce la sua condanna anche sociale.
In quel clima da caccia alle streghe, gli amici di un tempo si allontanano o non ce la fanno ad andare avanti (un collega ebreo finisce per togliersi la vita). Dalton Trumbo invece non si da’ per vinto e lotta per mantenere la famiglia. Scrive film a basso costo e sotto falso nome. Beffa della sorte, vince perfino due Oscar per due lavori che solo pochi intimi sanno che sono suoi, Vacanze Romane (1953) e The Brave One (1956). Con gli anni la lista nera di Mc Carthy si ammorbidisce. E, come nelle favole, grazie al supporto di Otto Preminger finalmente il suo nuovo film porta il suo nome.
Il lavoro in questione è Exodus, tratto dall’omonimo best seller di Leon Uris. Essendo parte del nostro immaginario, vorremmo pensarlo generato da delicati moti dell’animo e riflessioni pensose. Ma, come ben ci mostra Jay Roach, business is business e non fa differenza se sul grande schermo finisce la nascita dello Stato d’Israele o la bionda di turno.
Otto Preminger non tiene in gran considerazione il libro ed è già ai ferri corti con Uris. Ha scartato la sceneggiatura, considerandolo incapace di scrivere dialoghi, e ha poi scartato un’altra sceneggiatura troppo lunga. La sola ragione per cui vuole assolutamente girare quel film è la presenza di Paul Newman, allora in strepitosa ascesa, capace di portare al successo qualsiasi pellicola. Alla fine Preminger litigherà anche lui. Ma intanto Dalton Trumbo ha fatto il miracolo e ancora oggi ci scappa la lacrima.
Daniela Gross
(18 febbraio 2016)