Parma – Il Testimone: “Dignità e solidarietà”
Non sono bastati gli 800 posti a sedere dell’Auditorium Paganini a contenere tutti coloro che hanno voluto raccogliere la testimonianza di Piero Terracina, sopravvissuto alla lager di Auschwitz-Birkenau in un incontro con la cittadinanza organizzato nell’ambito delle celebrazioni del Giorno della Memoria dalla Comunità ebraica di Parma e dall’associazione Centro Studi e Movimenti, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del Comune di Parma, il Consorzio Solidarietà Sociale e la Fondazione Matteo Bagnaresi.
Il Presidente della Comunità ebraica Giorgio Yehuda Giavarini introduce l’ospite rivolgendosi in particolare alle centinaia di studenti presenti per ricordare che il termine “storia” in ebraico si traduce con “toledot” che letteralmente significa “generazioni”. Non vi è dunque Storia se non attraverso ciò che una generazione riesce a tramandare alla successiva. In questo risiede l’imperativo morale di ricordare le vicende di una persona che, vittima di un odio senza precedenti, è divenuta un Testimone straordinario. I fatti e gli episodi che Piero ci racconterà, continua Giavarini, devono essere confrontati con quanto sta accadendo oggi in Europa e nel mondo per farci capire che l’antisemitismo purtroppo non è si è mai sopito: ha solo cambiato volto e nome.
Prende quindi la parola Piero che con calma e precisione ha raccontato la sua storia di ragazzo sottratto alla gioventù ed agli affetti dalla guerra prima e dai nazisti poi. Si è soffermato soprattutto sulle dinamiche e le responsabilità degli italiani, ancora non ammesse e riconosciute fino in fondo, che hanno reso possibile la persecuzione nazista degli ebrei in Italia, ovvero le famigerate leggi razziste votate all’unanimità non solo dal Gran Consiglio del Fascismo ma dal Parlamento tutto. “Ignobile, infame” sono gli aggettivi che Piero usa per descrivere il tradimento delle istituzioni nei confronti dei propri cittadini. “Eravamo italiani anche noi!”.
Il silenzio assoluto accompagna le parole di Piero quando descrive l’orrore del campo. La cattura a Roma, permessa dal tradimento di un italiano fascista in cambio di una ricompensa. Poi il viaggio verso la Polonia in condizioni disumane, e la perdita ad Auschwitz della famiglia. “Vi racconto l’inferno” dice Piero, “ma non posso dirvi tutto; per pudore non ho mai raccontato tutta la verità anche perché è troppo terribile per essere raccontata. È impossibile credere alle violenze al male cui siamo stati sottoposti”. Piero descrive la fame, la malattia, la sete che rende pazzi. Al termine del suo intervento le domande arrivano subito proprio dai ragazzi delle scuole.
Gli chiedono come abbia fatto a sopravvivere, cosa ne è stato della sua mamma, se abbia mai trovato della pietà nei suoi aguzzini. Terracina scava ancora nei suoi ricordi, non pensa di essere stato salvato per suo merito ma in virtù di un caso fortuito o forse della giovane età. Alcune parole chiave caratterizzano il suo intervento, le ripete spesso ai giovani che lo ascoltano concentrati. Dignità: che permetter di ribellarsi, di conservare se stessi anche nelle situazioni peggiori. E fa l’esempio di un prigioniero italiano che nel lager, rischiando la vita, a volte entrava nella sua baracca per cantare insieme, ricordando a tutti di cosa voglia dire essere uomini. Solidarietà. Piero ha ricevuto la solidarietà e l’amicizia di amici veri durante la prigionia – un affetto fraterno lo lega ancora oggi a Sami Modiano, incontrato ad Auschwitz – ma anche dopo. Gli amici della scuola ebraica e Maurizio Bondì, al suo ritorno gli hanno permesso di tornare, lentamente alla vita. Il pubblico viene sollecitato più volte a capire il senso della parola Memoria che, diversa dal ricordo, “unisce il passato al presente per legarlo al futuro”, per usare le parole di Piero. L’intervento si conclude con un invito rivolto ai giovani perché si impegnino per il proprio Paese, e perché intervengano nella vita della società perché venga rispettata la giustizia. Un lungo applauso del pubblico in piedi lo ringrazia a lungo per la testimonianza.
La Comunità ebraica di Parma quale ricordo e segno di riconoscenza ha donato a Piero una targa che riporta la frase: “Chi ascolta un Testimone, diventa egli stesso Testimone”.
Roberta Tonnarelli
(23 febbraio 2016)