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Il cuore ebraico di Spalato

bdfbfjf Dopo una gestazione lunga più di dieci anni, Cuore d’Israele, il libro che raccoglie la testimonianza del fotografo, scrittore ed editore spalatino Luciano Morpurgo è finalmente stato pubblicato. Un diario – la cui edizione critica è curata da Anna Morpurgo ed è stata realizzata su impulso della Società Dalmata di Storia Patria – che offre l’affresco inedito della Spalato ebraica negli anni ’30 del Novecento e all’interno del quale vengono affrescate scene di vita quotidiana.
A discuterne, in una serata organizzata al Museo ebraico di Roma, il presidente della Società Dalmata di Storia Patria Rita Tolomeo, il direttore del
Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea Michele Sarfatti, il presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia e l’assessore della Comunità ebraica di Roma con delega al Museo Gianni Ascarelli.
L’assessore alla Cultura della comunità ebraica Giorgia Calò ha esordito: “Questo libro mi ha conquistato fin dalle prime pagine. Ho apprezzato il tono intimista, la descrizione della vita quotidiana e i continui rimandi alla propria identità: quella di ebreo e di italiano”.
A moderare Gianni Ascarelli che ha passato la parola alla professoressa Rita Tolomeo. “Morpurgo – ha spiegato Tolomeo – nacque a Spalato nel 1886, a pochi mesi dalla nascita di un’altro spalatino celebre: l’architetto Vincenzo Fasolo. Morpurgo studiò a Venezia; un particolare importante se pensiamo alla vicenda storica che portò Spalato ad essere da sempre una terra contesa dove ognuno sceglieva la propria identità, italiana o slava. Ebbene possiamo dire che lo scrittore si sentì sempre profondamente italiano”. “La comunità ebraica spalatina –ha continuato – è sempre esistita e si è rafforzata particolarmente quando quando la città divenne uno scalo cruciale per il commercio veneziano. Gli ebrei non avevano l’obbligo di portare simboli di riconoscimento, solo ad un certo punto indossarono un copricapo nero. Infine, non vi stato un ghetto (è esistito, ma solo per pochissimo tempo), ma la zona della sinagoga”.
“Luciano Morpugo era un ebreo, italiano, dalmata e cittadino europeo, con una identità fortissima e complessa – aggiunge Mario Venezia – Il suo libro è un documento importante per capire come fosse la vita ebraica prima e dopo la Shoah. Per anni ci siamo concentrati sul ‘durante’, ora è necessario studiare anche cosa ha preceduto e seguito la persecuzione. Morpurgo a suo modo è il simbolo della cocente delusione da parte degli ebrei che hanno scelto di essere italiani e si sono sentiti traditi da quella stessa Italia che tanto amavano”.
Michele Sarfatti del Cdec si focalizza infine sugli aspetti storici: “Gli ebrei dei Balcani – spiega – sono gli unici che possono davvero fare concorrenza agli ebrei romani per la loro presenza sul territorio. Il padre di Morpurgo, Vittorio, era il presidente della Comunità ebraica di Spalato e venne deportato durante la Shoah”. “Nel libro – conclude – traspare l’attaccamento della famiglia all’ebraismo e la complicata e stratificata vita ebraica della città, inserita nel quadro più grande della Storia. Morpurgo riesce a raccontare con particolare lucidità sensazioni provate nel periodo della persecuzione razziale, restituendoci un documento di particolare importanza”.

r.s. twitter @rsilveramoked

(25 febbraio 2016)