Imbottigliati nel traffico. In cerca di un’uscita
Quando tempo ci mette un ministro israeliano ad arrivare alla Knesset usando i mezzi pubblici? Secondo un test fatto nel 2014 dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronot – incrociando i programmi Google Maps e l’app Moovit – il ministro della Difesa Moshe Yaalon per raggiungere Gerusalemme dalla sua casa a Maccabim Reut impiegherebbe con il bus 100 minuti mentre in auto, per lo stesso tragitto, ne basterebbero meno della metà (41 minuti). Così come per il ministro, per molti cittadini israeliani l’auto è una scelta necessaria se non obbligata. Le carenze del trasporto pubblico, confermate da una ricerca redatta da una commissione della Knesset, costringono molti a scegliere di muoversi in auto per poter risparmiare quantomeno sul tempo dei tragitti da percorrere. Se il viaggio in macchina dalla stazione centrale Savidor di Tel Aviv all’aeroporto prende 20 minuti mentre con i mezzi, tra cambi e passaggi a piedi, ce ne metti 50, è quasi inevitabile che sceglierai la prima opzione. Questo però vuol dire più auto su strada e soprattutto più traffico: Israele è uno dei Paesi con gli indici legati alla congestione stradale più alta del mondo. Se non stupisce che questi ultimi siano di quattro volte superiori a quelli di Svizzera e Danimarca, non lo stesso si può dire del confronto con la Gran Bretagna, con Israele che registra il doppio del traffico rispetto ai dati d’oltremanica. Tra le più basse del mondo, e non è una buona notizia, la percentuale di viaggi effettuati in Israele sul trasporto pubblico: 23-24% nelle grandi città dello Stato ebraico, a fronte di una media del 40% nelle città di tutto il mondo. La velocità media del trasporto pubblico in Israele è significativamente più basso, di circa il 10 kmph, rispetto al trasporto pubblico internazionale. Insomma, tutto il mondo è paese e non solo i romani si lamentano per la situazione della mobilità nella Capitale. Solo che le prospettive per gli israeliani non sembrano rosee: uno studio governativo prevede che nei prossimi cinque anni “la congestione sulle strade del Paese aumenterà al punto che la rete delle principali arterie cittadine sarà completamente bloccata durante le ore del mattino”. “Prevediamo – scrivono gli esperti del governo, come riporta il sito Globes – che ogni automobilista sprecherà 60 minuti supplementari in media al giorno a causa della congestione, la lunghezza delle code raddoppierà” e “la perdita di produttività economica toccherà quota 25 miliardi di shekel all’anno”. Si tratta dunque di una questione sociale – agevolare la vita quotidiana dei cittadini – quanto economica – garantire l’accesso al lavoro così come il trasporto delle merci all’interno del paese. Ma la problematica dei trasporti in Israele non nasce oggi ma ha le sue radici nella creazione dello Stato, come spiegava il presidente della Autorità dei trasporti pubblici di New York Michael Horodniceanu in un’intervista con il giornalista economico Hedy Cohen. “Mentre l’Europa ha costruito prima le infrastrutture per il trasporto pubblico poi le strade, in Israele, il processo si è invertito”. Una dinamica dovuta alle esigue disponibilità finanziarie dello Stato che iniziò a investire nelle strade, più economiche rispetto alla realizzazione di infrastrutture come metropolitane o reti ferroviarie, e da lì proseguì su questa via. “Ma quante strade si possono costruire ancora? – si chiede Horodniceanu, laureatosi al Technion di Haifa – Israele avrebbe dovuto sviluppare in parallelo i mezzi pubblici. Mentre l’uso del trasporto pubblico in tutto il mondo è andato su e ancora su, in Israele ha continuato a cadere sempre più in basso”. Il ministero dei Trasporti del governo di Gerusalemme è ben conscio del problema, tanto da aver previsto di dover stanziare almeno un miliardo di shekel per rimettere in carreggiata la mobilità del paese. Altrimenti gli israeliani si preparino ad aggiungere una poco rilassante ora in coda alla loro giornata.
Daniel Reichel
(28 febbraio 2016)