“Insieme per la redenzione”

“Riconosciamo che dal Concilio Vaticano II l’insegnamento ufficiale della Chiesa cattolica sull’ebraismo è cambiato in maniera radicale e irrevocabile. La promulgazione di Nostra Aetate cinquant’anni fa ha dato il via a un processo di riconciliazione tra le nostre due comunità. Apprezziamo l’affermazione della Chiesa riguardo all’unicità della posizione di Israele nella storia sacra e rispetto alla redenzione finale del mondo. Gli ebrei di oggi hanno ormai sperimentato amore sincero e rispetto da parte di molti cristiani, attraverso iniziative di dialogo, incontri e conferenze in tutto il mondo”.
E ancora: “Riconosciamo che il cristianesimo non è né un incidente né un errore, ma un frutto della volontà divina e un dono per le nazioni. Separando tra loro l’ebraismo e il cristianesimo Dio ha voluto creare una separazione tra compagni con differenze teologiche significative, non una separazione tra nemici”.
Quindi: “Ora che la Chiesa cattolica ha riconosciuto l’Alleanza eterna tra Dio e Israele, noi ebrei possiamo riconoscere il perdurante valore costruttivo del cristianesimo come nostro partner nella redenzione del mondo, senza nessuna paura che questa comunanza possa essere sfruttata per finalità missionarie. Come affermato dalla Commissione bilaterale tra il Gran Rabbinato di Israele e la Santa Sede sotto la guida del rabbino Shear Yashuv Cohen: ‘Non siamo più nemici, ma inequivocabilmente compagni nell’articolare i valori morali essenziali per la sopravvivenza e il benessere dell’umanità’. Nessuno di noi può svolgere da solo la missione affidatagli da Dio in questo mondo”.
Sono alcuni tra i passaggi più significativi e discussi contenuti all’interno del documento promosso da 25 rabbini appartenenti alla corrente Modern Orthodox, pubblicato in dicembre sotto il titolo di “Fare la volontà del Padre Nostro nei Cieli: verso una collaborazione tra ebrei e cristiani”. Un documento problematico, che ha aperto a molti interrogativi e innescato alcune conflittualità ancora irrisolte interne all’ebraismo europeo e internazionale.
Tra i firmatari del documento rav David Rosen, direttore degli affari interreligiosi dell’American Jewish Committee e consigliere del Gran Rabbinato d’Israele; l’ex Grand Rabbin di Francia René-Samuel Sirat; rav Benny Lau, nipote dell’ex rabbino capo ashkenazita Meir Lau; rav Irving Yitz Greenberg, figura di spicco della corrente modernista ed ex allievo del rav Joseph Soloveitchik, che a Pagine Ebraiche (gennaio 2015) ha detto: “La missione dell’ebraismo è di aiutare l’umanità a fare Tikkun Olam (riparare il mondo) ovvero far sì che il creato appaia come è raccontato in Bereshit. Siamo di fronte all’orizzonte di tutti, non solo del popolo ebraico”.
Tra gli ispiratori del documento c’è anche il rav Shlomo Riskin, rabbino capo dell’insediamento religioso di Efrat, che nel 2015 fece scalpore per aver paragonato il presidente Barack Obama ad Amman, il perfido consigliere del re di Persia che pianificò il genocidio del popolo ebraico e il cui annientamento è celebrato ogni anno durante la festa di Purim.
Due soli rabbino capo nazionali tra i sostenitori dell’iniziativa: si tratta di rav Simon Livson, che ricopre questo incarico in Finlandia, e del suo omologo serbo rav Isak Asiel. In tutto, sono una sessantina i Maestri ad aver aderito alla mobilitazione dal giorno suo lancio (compresi i 25 primi firmatari). La maggioranza sono israeliani (20). A seguire statunitensi (18) ed europei (11). Nessun italiano.

(Pagine Ebraiche marzo 2016)