Quella pretesa un po’ eccessiva

In occasione dell’anniversario di Nostra Aetate, 25 rabbini ortodossi hanno prodotto una dichiarazione congiunta sul cristianesimo (“Per compiere la volontà del nostro Padre in cielo: verso una collaborazione tra ebrei e cristiani”). Ancora una volta, la maggior parte di essa è ineccepibile, persino ammirabile. Sono d’accordo con quanto è affermato, spesso citando grandi autorità, in merito al fatto che, come gli ebrei, i cristiani venerano il Dio del Cielo e della Terra, che condividiamo valori morali di cruciale importanza e che – nelle parole del rav Samson Raphael Hirsch – “hanno diritto a beneficiare non solo del dovere della giustizia ma anche di un attivo amore umano e fraterno”.
Ciononostante, alcuni elementi di questa dichiarazione sono decisamente problematici. Facendo appello a Maimonide e Yehuda Halevi, vi si afferma che il cristianesimo non sia “né un caso né un errore, ma una consapevole volontà divina e un dono ai popoli”. E si continua dicendo che “ebrei e cristiani hanno la missione comune di rendere il mondo perfetto sotto la sovranità dell’Onnipotente, in modo tale che tutta l’umanità invochi il suo nome”. Allo stesso tempo si sostiene che gli autori non minimizzano le differenze tra le due religioni.
Gli autori sanno molto bene che Halevi e ancor più vigorosamente Maimonide vedevano il piano divino nell’istituzione del cristianesimo (e dell’Islam) come una preparazione per un riconoscimento universale della verità dell’ebraismo e lo scarto di tutte le altre religioni. È fuorviante citare solo metà della posizione da loro espressa. Inoltre, qualunque cosa pensiamo dell’affermazione di Maimonide, gli ebrei Modern Orthodox di solito non fanno dichiarazioni troppo sicure sui piani e le intenzioni di Dio. Tutto d’un colpo, invece, esprimono una conoscenza piena della mente del Signore.
Inoltre, affermare che gli ebrei e i cristiani hanno “una missione comune” in un lettore attento solleva degli interrogativi. Posso tenerne conto solo come endorsement a un’innovativa dottrina teologica proposta da rav Irving Greenberg. Secondo rav Greenberg, come estensione dei patti con Noè, Abramo e persino Israele, Dio ne ha fatto uno anche con i cristiani in quanto tali, che secondo la sua assai ambiziosa formulazione sono diventati parte di Israele. Sono fortemente propenso a pensare che la maggior parte dei rabbini che hanno firmato la dichiarazione hanno visto la frase in questione come un mero artificio retorico; io stesso avrei probabilmente non ne avrei capito il vero significato se non avessi recensito gli scritti di Greenberg. Tuttavia per quanto non intenzionalmente essi hanno affermato l’esistenza di uno specifico patto divino con i cristiani del quale la tradizione ebraica non sa nulla e che ogni autorità di ogni epoca a cui gli ebrei ortodossi guardano avrebbe rifiutato immediatamente.
Infine, affermare che “le differenze tra le religioni” rimangono è un modo piuttosto anemico di riconoscere che la legge ebraica prevede il martirio piuttosto che la conversione al cristianesimo. Data l’importanza critica di quelle differenze per l’anima più profonda della religione ebraica, questo trionfo in lode del cristianesimo necessita di essere integrato con una definizione più chiara del significato trascendente della voragine teologica che rimane.

David Berger, Yeshiva University (Da “Tablet”)

(29 febbraio 2016)