Il settimanAle
Indignate

alessandro-treves“Noi giovani ebrei americani non ci siamo allontanati da Israele, anzi: siamo molto attenti a quanto sta accadendo, e siamo arrabbiati” scrive da New York su Ha’aretz del 29 febbraio Simone Zimmermann. “Non abbiamo bisogno di finanziamenti milionari per mettere in moto iniziative come questi ‘Peace Corps ebraici’ di cui va parlando ora Ari Shavit. Abbiamo solo bisogno che la comunità si svegli, e apra gli occhi alla realtà disastrosa di quasi cinquant’anni di occupazione”. Ribolle di indignazione la giovane attivista del nuovo gruppo IfNotNow (SeNonOra, sottinteso: Quando?). Sulla pagina Facebook del gruppo cerca di obiettare un certo Avi Berman, forse sudafricano: “Sono d’accordo; ma ditelo anche ai palestinesi, che vivono sotto una dittatura dove i soldi degli europei finiscono nelle tasche di Hamas e di Fatah…”.
Ed ecco che da Ramallah arrivano, quasi in risposta, su Al Jazeera del 2 marzo, le immagini di altre giovani donne indignate. Reggono cartelli in arabo che protestano per l’intimidazione di Najat Abu Bakr, una deputata che si è rifugiata, per sfuggire all’arresto da parte della polizia palestinese, proprio nella sede del parlamento, cui è stata eletta nel 2006. La sua colpa è aver denunciato l’appropriazione di fondi pubblici da parte di Hussein al-Araj, ministro vicino ad Abu Mazen. Invoca l’immunità parlamentare, Najat. Solo che il parlamento palestinese, che sarebbe poi un ‘consiglio legislativo’ con autorità limitata alle aree A dell’autonomia concessa ai palestinesi dagli accordi di Oslo, non funziona più dal 2007, col conflitto fra Hamas e Fatah, non è stato più rieletto ma nemmeno riconvocato, e non è chiaro quale immunità possa conferire – diversi dei suoi membri sono fra l’altro in prigione in Israele. Potrà la deputata Najat sfuggire all’arresto?
Un possibile esito lo delinea Ze’ev Elkin, ministro del Likud nel governo Netanyahu, ed è un esito che certo cambia le carte in tavola sia per Simone che per Najat: il collasso improvviso dell’Autorità Palestinese. Elkin ha fatto la sua previsione lunedì 29, in un discorso all’università Bar Ilan, esortando il governo a prepararsi a riprendere il controllo, a collasso avvenuto, anche delle aree A, cioè delle città palestinesi. Il pensiero di Elkin non è chiarissimo, ma ha detto che, per chiudere la pagina di Oslo, Israele deve capire di dover intervenire nelle moschee, nei media, nei libri di testo [palestinesi] dove si incita al terrore; aggiungendo di rivolgersi ora all’opinione pubblica [israeliana] dopo che i suoi tentativi di parlarne nelle riunioni di gabinetto sono rimasti inascoltati. Difficile vedere un abbassarsi a breve del livello globale di indignazione.

Alessandro Treves, neuroscienziato

(6 marzo 2016)