Qui Milano – I legami tra crimine e cervello
“Che cosa è normalità? Che cosa patologia? E, soprattutto, fino a che punto siamo responsabili delle nostre azioni”. Sono tanti gli interrogativi messi sul tavolo da Adrian Raine, psichiatra e criminologo, tra i più importanti studiosi di neuroscienze criminali al mondo, nel corso della conferenza tenutasi al Teatro Parenti di Milano e organizzata dall’associazione BrainCircleItalia. “In questi giorni è uscito in libreria l’ultimo libro di Raine, L’anatomia della violenza – sottolinea in apertura Viviana Kasam, presidente di BrainCircleItalia – Un’opera illuminante che porta a interrogarci sulla natura della violenza, su quali legami abbia con il nostro cervello”. Una connessione, quella tra violenza e cervello che porta peraltro a rivalutare gli studi di Cesare Lombroso, afferma lo stesso Raine, che nel corso della serata si è confrontato con un illustre panel di studiosi: il biologo e genetista Edoardo Boncinelli; Giancarlo Comi, direttore dell’Istituto di Neurologia sperimentale INSPE (Irccs Ospedale San Raffaele); Marco Marchetti, psichiatra, criminologo e docente di medicina legale e criminologia presso l’Università del Molise e vicepresidente della Società Italiana di Criminologia; Alberto Oliverio, psicobiologo e docente alla Università la Sapienza di Roma; Amedeo Santosuosso, magistrato presso la Corte d’Appello di Milano e presidente del Centro di Ricerca Interdipartimentale European Centre for Law, Science and New Technologies (ECLT).
Nella sue riflessione, Raine ha parlato di come i geni e l’ambiente influenzino e plasmino la mente criminale, e come determinate caratteristiche apparentemente innocue, ad esempio una bassa frequenza cardiaca a riposo, possano essere in realtà sintomatiche di un’indole violenta. Mostrando al pubblico delle immagini del suo cervello e di quello di un serial killer, il professore ha d’altra parte sottolineato che i due si somigliano. “Cosa vuol dire questo?”, l’interrogativo posto da Raine: che anche sul fronte della valutazione di questi studi, di assoluto valore e sempre più utilizzati all’interno dei tribunali, è necessario usare una certa cautela. E lo conferma lui stesso, rispondendo alla domanda del professor Santosuosso sull’ultimo capitolo del libro L’anatomia della violenza, dedicato allo scienziato italiano Lombroso. Qui si prefigura, come sottolinea Viviana Kasam, un possibile futuro come nel film Minority Report dove i criminali vengono catturati ancor prima di commettere il crimine. Raine, in forma provocatoria, si chiede se questo sia possibile: se sulla base degli studi scientifici, che dimostrano ad esempio come una determinata conformazione del cervello porti a una maggiore propensione alla violenza, si possa agire sulla libertà dell’individuo seguendo il principio di prevenzione.
Dall’altra parte gli studi di Raine pongono, come sottolinea lui stesso, un altro problema al centro del dibattito: il tema della responsabilità dell’individuo. Ne è un esempio il caso presentato dal neuroscienziato al pubblico del Parenti: un uomo indotto alla violenza da un tumore al cervello. Una volta rimosso il tumore, l’uomo tornerà normale per poi ricadere in atteggiamenti violenti al ripresentarsi del cancro e nuovamente guarire, dopo l’ultima operazione. Questa persona, inizialmente incriminata per i suoi comportamenti, è stata scagionata perché la sua violenza era riconducibile al tumore. Ma in casi meno chiari come ci si comporta? Perché Raine così come gli altri illustri studiosi intervenuti, tra cui Edoardo Boncinelli, hanno spiegato che il nostro comportamento è influenzato dalla genetica, dai fattori ambientali, da eventi casuali (nelle parole di Boncinelli): questi elementi sono o possono essere delle scriminanti di fronte alla violazione della legge? Dipende dai casi, la risposta degli esperti.
d.r.
(8 marzo 2016)