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Petaloso (o inzupposo?)

cavaglionAlcuni anni fa, durante un dibattito sulla questione mediorientale, finimmo a parlare, chissà perché, di televisione. Nell’elenco di cose israeliane che negli anni Cinquanta colpivano la fantasia ricordo di aver nominato la TV. Nasceva la Rai, i nostri genitori uscivano di casa la sera per andare a vedere in un bar Mike Bongiorno, mentre gli inviati speciali a Tel Aviv rimanevano colpiti dal fatto che il nuovo mezzo là fosse bandito. Alle mie espressioni di giubilo replicò un simpaticissimo lettore di ebraico dell’Università di Pisa, che mi fece osservare quanto sollievo con il suo arrivo in Israele, la televisione – perfino nelle sue forme più sciocche- avesse recato alle persone anziane e sole. Aveva ragione lui, come la vita poi mi ha insegnato e mi insegna in questi mesi. Gli anziani, come i bambini, sanno reagire con ingenuità alle ingenuità, specialmente si divertono con il linguaggio della pubblicità, dei Caroselli. Da mesi un attore famoso, reclamizzando dolcetti in una lingua immaginifica, si serve in modo ossessivo di un aggettivo, “inzupposo”, che di certo avrà colpito la fantasia del bambino celebrato dai media qualche settimana fa e osannato perfino dal nostro Presidente del Consiglio per aver coniato, a proposito di un fiore, il neologismo “petaloso”. Petaloso è un derivato evidente di inzupposo. Non dico Renzi, ma dico almeno la autorevole Accademia della Crusca, registrando il vocabolo e attribuendolo alla prodigiosa creatività dell’infanzia, possibile che non si sia accorta che quell non era un fiore petaloso, ma un inzupposo biscottino di Banderas?

Alberto Cavaglion

(9 marzo 2016)