In ascolto – Yitzhak Perlman

Maria Teresa MilanoLo scorso 6 marzo la Symphony Hall di Boston ha celebrato il ventesimo compleanno di “In the Fiddler’s House”, con Yitzhak Perlman accompagnato da grandi nomi del panorama musicale internazionale tra cui Klezmer Conservatory Band, Michael Alpert (voce, chitarra, fisarmonica e violino), Frank London (tromba), Andy Statman (clarinetto e mandolino) e Hankus Netsky (saxofono, pianoforte e direzione).
Yitzhak Perlman è una vera leggenda della musica; nasce a Haifa nel 1945, inizia la sua formazione all’Accademia di Musica di Tel Aviv e si perfeziona alla Juillard School di New York; a soli 22 anni si esibisce alla Carnegie Hall e l’anno successivo vince il concorso Leventritt, il primo passo di una lunga vita artistica che lo porterà a collaborare con le più importanti orchestre del mondo non solo come primo violino ma anche in qualità di direttore. Nel 2008 ha ricevuto il Grammy Award alla carriera. È davvero un talento raro, che unisce tecnica, gusto raffinato e una profonda sensibilità. È una persona speciale, che soprattutto negli ultimi anni ha scelto di dedicarsi ai percorsi formativi istituendo programmi di educazione musicale e ai progetti di sostegno alle disabilità, essendo lui stesso costretto a utilizzare le stampelle in conseguenza della poliomelite contratta quando aveva solo quattro anni.
Domenica 6 marzo il pubblico di Boston e gli amici artisti che sono saliti con lui sul palco gli hanno tributato il giusto riconoscimento per quel progetto che lo aveva portato a Cracovia, in un percorso di approfondimento musicale e di scoperta di un mondo intero, quello della secolare presenza ebraica in Est Europa. In the Fiddler’s House è un album indimenticabile ma anche un documentario, in cui si intrecciano elementi narrativi e visuali che ritroviamo in produzioni successive: è il report di un viaggio in cui si toccano le pietre e si gusta il brodo di pollo come in Shtetl di Marzinsky, è l’atmosfera dei locali americani stile Making Trouble di Rachel Talbot e ha la nostalgia delle immagini seppia che danno il senso della catena generazionale, come in Ogni cosa è illuminata.
In the Fiddler’s House è molto interessante per la ricerca musicale ma lo è altrettanto per conoscere Yitzhak Perlman, un violinista pluripremiato che impara dai suoi compagni di viaggio con interesse e curiosità e che esprime tutta la gioia autentica di fare musica insieme; ha la leggerezza e il senso dell’umorismo di un grande uomo che, seduto su una seggiola in un cortiletto di Kazimierz, fa virtuosismi su un violino da mille e una notte e dice ai klezmoyrim che lo accompagnano: “My name is Moshe Stradivarius”.
A un certo punto, a Cracovia, Perlman e il papà (originario dell’Ucraina), incontrano un pianista, nato in uno shtetl e iniziano una bella chiacchierata sui tempi passati, ridono al ricordo delle interminabili feste di matrimonio, rimpiangono la musica klezmer, dolce come lo zucchero, e poi d’un tratto si fanno seri. Perlman senior chiede: “C’è ancora qualche ebreo qui?”. Dopo un attimo di esitazione l’altro risponde: “A Cracovia? Siamo 200… forse. Ma siamo vivi”.

Consiglio d’ascolto: https://www.youtube.com/watch?v=DkmFgQ9fM94

Maria Teresa Milano

(10 marzo 2016)