…ghetto

Commemorare/Celebrare.
Dal Dizionario Treccani: Commemorare v. tr. [dal lat. commemorare, comp. di con- e memorare «ricordare»] (io commèmoro, ecc.).
Ricordare qualcuno o qualcosa parlandone in forma solenne, celebrare: c. un personaggio illustre, una data, un avvenimento storico; c. un defunto.
Nel linguaggio della Chiesa, celebrare una ricorrenza religiosa (per es., c. la festa di tutti i santi), o anche farne la commemorazione (v.) nell’ufficio divino e nella messa.
Celebrare v. tr. [dal lat. celebrare, propr. «frequentare, rendere frequentato», quindi «solennizzare, onorare, celebrare»; v. celebre] (io cèlebro, ecc.). –
Lodare, esaltare, glorificare, a voce o in iscritto, persona o cosa: c. un eroe, un martire; c. le imprese, le gesta di qualcuno.
Festeggiare solennemente con cerimonie varie: c. una festa, un onomastico, un anniversario; in partic., c. le feste, nel linguaggio eccles., astenersi dal lavoro nei giorni festivi, e assistere alla messa; ant., c. le ferie, osservare il divieto di amministrare la giustizia in giorni determinati.
Per comunicare sui media il programma degli eventi legati ai 500 anni del Ghetto di Venezia gli organi nazionali e internazionali di stampa hanno scelto due verbi profondamente sbagliati, che non descrivono in modo corretto il significato di quello che sta avvenendo a Venezia. Di sicuro si tratta di una sorta di reazione automatica, pavloviana, legata a tutto quello che riguarda gli ebrei e al concetto stesso di Ghetto. Un luogo chiuso che rimanda agli orrori della guerra, e una storia di una civiltà che viene troppo spesso raccontata come storia di persecuzioni (anche da molti ebrei, afflitti spesso da una sindrome del ghetto interiore). Ma a Venezia accade molto di più, e vale la pena raccontarlo e viverlo. Una piccola comunità di ebrei è impegnata “pancia a terra” a raccontare in moltissimi modi una storia secolare fatta sì di contrasti, ma anche di incontri, esperienze comuni, suoni, sapori, legami sentimentali. Una serie spettacolare di iniziative culturali (il cui programma completo si può ricavare dal sito http://www.veniceghetto500.org/ )che daranno sostanza a una sfida epocale: fare sì che attorno al concetto di ghetto si possano incontrare linguaggi diversi, che parlino di apertura, di comunicazione, di accoglienza, e che nel contempo aiutino a dare nuovo slancio alle tradizioni di una comunità ebraica profondamente radicata nel suo territorio. Le comunità ebraiche di Venezia sono vive e vitali, vanno raccontate nella loro storia e nel loro presente. Parlo al plurale perché storicamente è giusto così: il ghetto di Venezia non sarebbe nato senza gli ebrei del Veneto (specialmente di Padova e Mestre), e fu un’istituzione che anche dal punto di vista amministrativo era finanziata dal contributo dei ghetti di Padova, Verona, Rovigo e Conegliano. Ed è giusto riconoscere la loro esperienza e conoscere la loro dimensione nel presente: nuclei piccoli ma vitali, pieni di attività di studio, eventi sociali e significative aperture verso la società non ebraica, che sempre più chiede di sapere e partecipare. In sostanza, non si celebra, e di certo non si commemora proprio un bel nulla. Si partecipa – e si chiede di partecipare – a una ridefinizione del concetto di Ghetto, in un momento in cui l’uso di alzare muri di separazione e paura sembra essere tornato pericolosamente di moda.

Gadi Luzzatto Voghera, storico

(11 marzo 2016)