Così dice la gente – Il vitello e la mucca
Pare che presto sarà indetto un nuovo concorsone per insegnanti della scuola di vari ordini e gradi. Ci si aspetta circa 250.000 domande per 60mila posti. Sebbene altre decine di migliaia di altre cattedre siano state assegnate attraverso le graduatorie delle ultime selezioni, non c’è stata quella “rinfrescata” di un corpo docente che è, e rimane, il più vecchio d’Europa. La buona notizia è che un grande numero di giovani ambiscono a insegnare, nonostante sia richiesto un complicato percorso di formazione e abilitazione dopo la laurea. Non credo che li attragga il posto fisso o il salario. Penso piuttosto che li spinga una sincera voglia di trasmettere e formare. Una passione che nasce dentro e che non può essere trattenuta. L’amore per l’istruzione, ma anche il desiderio di rimanere in contatto con le nuove generazioni, il bisogno di restare legati a un mondo che cambia velocemente insieme alle persone. Uno slancio di generosità reciproca irrefrenabile, sganciato evidentemente dalle aspettative remunerative di chi appartiene, in Italia, a una categoria tra le meno valorizzate sotto tanti profili. Per il popolo ebraico la trasmissione della Torah ha significato, in tanti momenti, rischiare molto di più, senza differenza da quale lato della cattedra si fosse. Racconta il Talmud nel trattato di Pesachim che sotto le persecuzioni di Adriano Rabbi Akivà pagò salata la sua decisione di educare gli studenti alla Torah. Tratto in arresto, venne a fargli visita il suo allievo prediletto Rabbi Shimon chiedendogli di insegnargli ancora una volta, prima che giungesse l’ora del suo patibolo. Il maestro si rifiutò in considerazione del grave pericolo ma la tenacia che dimostrò Rabbi Shimon sembrava non incontrare barriere. Ecco che solo la metafora del vincolo atavico e radicale che lega il vitello e la madre fu in grado, in quel momento, di comunicare all’allievo il sentimento di profondo rincrescimento per non poter esaudire la sete di Torah. Solo dopo che Rabbi Shimon dimostrò al maestro la disponibilità a mettere a repentaglio la sua stessa vita pur di studiare, Rabbi Akivà prese forza e cominciò a trasmettere i suoi ultimi insegnamenti prima di essere condotto al martirio. Rabbi Shimon non tarderà a scontare la sua caparbietà. Basterà una sua valutazione reale e disincantata dell’impero – “hanno fatto mercati per riempirli di prostitute, terme per i loro piaceri, ponti per pretendere dazi” – a costringerlo oltre 20 anni in una grotta, in fuga da tutto e da tutti. Proficui anni, in cui il maestro mise a frutto gli insegnamenti di Rabbi Akivà regalando al mondo i segreti della mistica.
Amedeo Spagnoletto, sofer
Pagine Ebraiche, marzo 2016