Quel pericolo sotterraneo

tunnelI residenti dei kibbutz al confine di Gaza vivono nel terrore. Ma questa volta non scrutano il cielo né il muro che li separa dalla Striscia; poggiano l’orecchio sul pavimento o sul terreno e ascoltano. Dalia Levy vive a pochi chilometri dal confine. Prende il cellulare e fa ascoltare una registrazione effettuata durante la notte: scricchiolii, strani rumori e fruscii. Per lei sono la prova che i combattenti di Hamas stanno scavando dei tunnel sotto i suoi piedi. “Ho paura che i terroristi sbuchino da sotto il pavimento e ammazzino me e i miei figli”, dice singhiozzando. In questa regione di Israele ci sono, oltre ai kibbutz, piccoli villaggi agricoli che si trovano a poche centinaia di metri dal confine con Gaza. Affacciandosi alla finestra gli israeliani possono vedere i palestinesi che coltivano i campi o camminano in strada. Costruire un tunnel sembra tutt’altro che impossibile. I timori sono stati alimentati anche dalle dichiarazioni del capo di stato maggiore dell’esercito israeliano secondo cui “contrastare la minaccia dei tunnel è quest’anno la principale missione dei militari”. D’altro canto Hamas non si nasconde dietro un dito. Ismail Haniyeh, uno dei leader dell’organizzazione, ha fatto sa pere di recente che i militanti scavano giorno e notte. “Tunnel sotto terra e razzi in cielo”, ha minacciato. I lavori di scavo proseguono a ritmo talmente frenetico che si sono verificati almeno cinque crolli solo negli ultimi mesi. Ovviamente non tutti i tunnel sono diretti verso Israele. È vitale per Hamas mantenere aperti i collegamenti con l’Egitto per aggirare l’embargo. Un ufficiale dell’esercito egiziano ha detto due settimane fa che in un tunnel lungo 35 metri i suoi soldati hanno trovato armi, esplosivi e sacchetti di cocaina. Per gli abitanti dei kibbutz di confine i tunnel sono un continuo motivo di ansia. Ne sa qualcosa Ayelet Schachar-Epstein: “Anche se la mia casa è a tiro dei mortai di Hamas, i tunnel mi fanno molta più paura. Sono devastata dall’angoscia. Ogni sera metto i miei figli a letto e mentre leggo una favola al più piccolo non faccio che pensare alla possibilità che un gruppo di terroristi faccia irruzione in casa e ci ammazzi tutti”. Questo scenario da incubo in realtà non ha precedenti. Finora quello che Ayelet teme non è mai accaduto. Almeno non nei confronti dei civili. Non di meno questo genere di guerra sotterranea non è una novità in questa zona del mondo: nel 132 AC i ribelli ebrei usavano una fitta rete di tunnel sotterranei per attaccare le legioni romane dell’imperatore Adriano. Ma la minaccia dei tunnel è penetrata come un veleno nell’animo degli israeliani nel giugno 2006 quando un commando di militanti sbucò da un tunnel e tese un agguato ai soldati facendo prigioniero il diciannovenne Gilad Shalit,liberato cinque anni dopo. “Gilad Shalit fu come un campanello d’allarme”, dice Miri Elsin, ex ufficiale dei servizi segreti militari. Le segnalazioni arrivano in continuazione ai comandi militari della zona. “Ho sentito chiaramente il rumore di un martello e di uno scalpello e la mia vicina mi ha detto che sente scavare sotto il cemento”, ha raccontato un abitante del villaggio di Pri Gan alla Reuters.
Militari e responsabili della sicurezza sono scettici. Pri Gan si trova a circa tre miglia dal confine con Gaza e Hamas non ha mai scavato un tunnel così lungo. Inoltre nella zona il terreno è sabbioso e argilloso e un eventuale scavo non produrrebbe rumori come quelli denunciati dagli abitanti del villaggio. Ma la gente ha paura e non presta ascolto alle rassicurazioni. “Bisogna svegliarsi prima che accada qualcosa di grosso”, esorta Dalia Levy. Nel frattempo, purtroppo, muoiono innocenti da una parte e l’altra: dopo la serie di accoltellamenti contro ebrei avvenuti martedì scorso, sono due i bambini palestinesi che hanno perso la vita nel bombardamento israeliano di ieri matti-na su Gaza; una bimba di 6 anni e il fratello di 10. Il bombardamento era stato effettuato in risposta al lancio di razzi di alcune ore prima da parte di miliziani palestinesi contro Israele.

Carlo Antonio Biscotto, Il Fatto Quotidiano, 13 marzo 2016