…abitudine
8.30 di mattina, prime comunicazioni degli attentati. Il giornalista alla radio legge freneticamente i comunicati delle agenzie di stampa. Sui social network i primi post con le immagini di chi è presente sui luoghi della strage. Le notizie si fanno man mano più precise. Poco dopo, altre esplosioni nella metropolitana. Speciali su ogni canale televisivo, i politici si affrettano a commentare. Parte l’hashtag #prayforbruxelles; Salvini comincia a twittare. Poi, ancora dirette televisive e radiofoniche, prime vignette su Facebook per esorcizzare la paura, comunicati di solidarietà a Bruxelles da parte delle comunità islamiche occidentali. Salvini continua a twittare. I palinsesti dei media tutti convertiti al tema del giorno, affetto e vicinanza per le vittime, dichiarazioni di guerra al terrore. “La paura non ci fermerà”, “Non dobbiamo modificare il nostro stile di vita”. Salvini twitta. Si arriva ai talk show della sera: chi di destra invoca alla guerra, chi di sinistra alla riflessione. Luttwak litiga con ospiti in studio, il teologo Vito Mancuso ricorda che “Islam vuol dire pace”. La mattina dopo i giornali escono con nuove grafiche in modo da dare rilievo all’evento. Insomma, non dobbiamo nascondercelo, ad ogni nuovo attentato si replica un copione già scritto, ormai svuotato di ogni sostanza emotiva. Segno che ci stiamo abituando a una realtà che non è inedita in un’Europa che ha già affrontato un terrorismo altrettanto efferato, ma che investe una generazione che non ne ha fatto diretta esperienza, se non in età infantile. Questa triste abitudine è il nemico insidioso che ci toccherà sempre più affrontare e che rischia di annichilire ogni forma di reazione. Qualunque cosa accada dobbiamo ricordare che nihil est sine ratione. Sempre dobbiamo cercare di ricostruire le cause che conducono agli eventi, rintracciare le catene di comando, intercettare influenze negative provenienti da gruppi organizzati. Rinunciare ad immaginare la pace è una grave responsabilità. Per noi e per le generazioni future.
Davide Assael, ricercatore
(23 marzo 2016)