Ticketless – Le scuse a Bassani
Iniziato in sordina il centenario della nascita di Giorgio Bassani: poche le novità da segnalare – e dispiace. Chiedono scusa, per averlo stroncato, i superstiti del Gruppo 63. Non dovrebbero essere lasciati soli. Si vorrebbero ascoltare i mea culpa degli studiosi, numerosissimi, del fascismo e della questione ebraica. Un argomento tabù, quello del consenso ebraico al regime, che nessuno osava affrontare quando era vivo lo scrittore ferrarese, che quel viaggio “dentro” il fascismo lo aveva percorso per intero.
Venuto su alla scuola dello storicismo di Croce (proprio per questo le neo-avanguardie lo snobbarono, come snobbarono Croce e la sua elegante prosa) Bassani possedeva un rigoroso “senso della storia”. Le digressioni storiche, assai frequenti nei suoi libri, sono poco note. La scena di quel finire d’estate, su una spiaggia elegante, l’effetto della doppia notizia data dai giornali (provvedimenti sulla razza e morte del dottor Fadigati), nel finale de Gli occhiali d’oro, sono un modello di come Bassani potrà aiutare gli storici a misurare l’inatteso. In assenza (ed è uno scandalo!) di una sintetica storia dell’Italia ebraica nell’età dell’emancipazione, il consiglio migliore che si possa dare a uno studente ancora oggi è la lettura del primo capitolo de Il giardino dei Finzi-Contini. Sintesi migliore di un secolo e mezzo di storia ebraico-italiana non è disponibile in bibliografia.
Bassani ha pagato e ancora paga un prezzo simile a quello che Fenoglio ha pagato per la storia della Resistenza. Una lapide in Via Mazzini, denuncia i limiti delle memorie celebrative. Nella descrizione di un sopravvissuto, che come un fantasma s’aggira per le vie della sua città, si smaschera la viltà delle “zone grigie”, almeno tre decenni prima dei Sommersi e i salvati di Primo Levi.
Alberto Cavaglion
(23 marzo 2016)