…Europa

Il 22 marzo 1848 nella battaglia di Porta Tosa (oggi Porta Vittoria) venivano messe in fuga le truppe austriache al comando del maresciallo Radetzky e avevano termine le Cinque Giornate di Milano. Con la prima guerra d’indipendenza si ponevano così le prime concrete basi per la costruzione dell’Italia unita. Il 22 marzo 2016 negli attentati all’aeroporto di Bruxelles e alla stazione di metro a pochi metri dagli edifici dell’Unione Europea può darsi che siano state poste le prime concrete basi per la dissoluzione dell’Europa unita. La capitale d’Europa colpita nei suoi centri nevralgici, chiude lo spazio aereo del Belgio per oltre una giornata, interrompe tutti i trasporti su rotaia, chiude i confini con paesi minacciosi come… l’Olanda. Si ripristinano i controlli di confine fra paesi dell’Unione, mentre c’è chi mette in discussione la moneta unica dell’Euro, e in giugno il Regno Unito vota se recedere. Isis-Daesh ha saputo riportare l’Europa indietro di 70 anni, mentre i covi dei terroristi sono ancora lì, in piena città, solo in parte smascherati, più plausibilmente latenti e in attesa del prossimo ordine operativo. Non bastano il pianto di Mogherini e la riaffermazione dei valori europei per vincere questa guerra. Serve ben altro. Al primo posto occorre la convinzione assoluta che è doveroso sconfiggere il nemico con durezza e coordinamento di idee e di mezzi, costi quello che costi, perché questa è una guerra per il mantenimento dei valori storici dell’occidente – esattamente come lo fu quella contro il nazi-fascismo. E subito dopo, occorre in Europa l’onestà di riconoscere senza doppi standard a chi già da molti anni ha dovuto affrontare questa sudicia e allucinata guerra, il legittimo diritto a difendersi e a controattaccare. Dopo l’attentato del 24 maggio 2014 al museo ebraico di Bruxelles c’è stato invece quasi il silenzio generale. E si parla tutto il tempo di boicottaggio e inchieste sul comportamento dei soldati israeliani a Gaza. Ora che il terrore e la tragedia toccano Bruxelles più da vicino, sarà forse più chiaro che non ci si può limitare a monitorare i pericoli all’angolo della strada di casa. Si abbia il coraggio di dire che il terrore è terrore è terrore, e non che esiste terrore cattivo e terrore buono, e si agisca di conseguenza. Oppure, si ammaini la bandiera d’Europa, e tutti a casa.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(24 marzo 2016)