pizzico…
Quest’anno le mie note su questa Parashà della settimana escono il giorno di Purim. Di per sé sembra che non ci sia alcun legame fra la Parashà, che parla dettagliatamente delle regole per il sacrificio di ‘olà e per l’offerta farinacea (minchà), e la festa di Purim, che si collega a momenti nei quali non c’era il Santuario, e comunque a luoghi al di fuori della terra d’Israel. Tuttavia, a ben vedere, un legame c’è.
Quando si offriva la minchà, un “qòmetz” (una presa, tanto quanto contiene la mano fra pollice, medio ed anulare) era il quantitativo che veniva arso direttamente sull’altare. In definitiva, era un quantitativo minimo.
Narra il midràsh che quando Haman andò a prendere Mordekhay per portarlo in trionfo per le strade di Susa, lo trovò impegnato a fare lezione su una regola relativa ad un “qòmetz” di grano appena maturato, e dovette aspettare che la lezione finisse. Lui, che aveva disposto lo sterminio degli Ebrei e fino ad un attimo prima pensava di vendicarsi impiccando Mordekhay, doveva rendersi conto che per una presina di farina stava assistendo al crollo di tutto il suo programma!
Molte volte per noi Ebrei le cose funzionano così. A salvare le situazioni spesso non occorre fare grandi cose: basta una presina, un pizzico di Ebraismo in più, e questo salva intere Comunità.
Elia Richetti, rabbino
(24 marzo 2016)