politica…

“…Poiché l’ebreo Mordekhai era secondo solo al re Achashveròsh, grande per gli ebrei e gradito alla maggioranza dei suoi fratelli…” (Ester, 10; 2), “..ma non a tutti i suoi fratelli”, spiega il Talmùd, “..per dirci che una parte del Sinedrio prese le distanze da lui. Dice Rav Yoseph: è più grande lo studio della Torah del salvataggio di vite umane…” ( T.B. Meghillah 16 b). Perché una volta compiuto da Mordekhai il salvataggio del suo popolo egli avrebbe dovuto dedicarsi allo studio della Torah anziché proseguire l’attività politica, sia pure allo scopo di scongiurare eventuali pericoli futuri. Il Libro di Ester si conclude con un capitolo di soli tre versi che ci fanno capire come, dopo una Shoà sventata, la condizione degli ebrei torna alla normalità tanto che Mordekhai entra nei palazzi del potere. È la conclusione di una storia drammatica e paradigmatica, che se da un lato ribadisce come l’ebreo ha l’obbligo di agire per il bene del paese in cui si trova, da un altro lato, come ci ricorda il Talmùd, il potere politico, quando da strumento si trasforma in modello di vita, può allontanare dalla Torah perfino un grande saggio come Mordekhai”.

Roberto Della Rocca, rabbino

(29 marzo 2016)