Qui Roma – Segnalibro
Dall’Italia a Gerusalemme,
inseguendo una speranza

cividalli libro “La testimonianza di paure e dolori senza fine, ma anche una storia di speranza di poter creare in un lontano domani un mondo migliore per tutti”. Rappresenta questo per Piero Cividalli il libro del padre Gualtiero, Lettere e pagine di diario (1938-1946), edito da Giuntina e curato da Sara Berger, che racconta attraverso i suoi stessi scritti la vicenda di un uomo che, fuggito dall’Italia durante la Shoah, fece l’aliyah nell’allora Palestina mandataria e tornò da liberatore nel 1945 con la Brigata Ebraica. A presentarlo ieri a Roma alla Casina dei Vallati, sede della Fondazione Museo della Shoah – il cui presidente Mario Venezia ha portato i suoi saluti – insieme alla curatrice e a Piero, gli storici Umberto Gentiloni e Mario Toscano e David Meghnagi, direttore del Master internazionale di secondo livello in Didattica della Shoah presso l’Università di Roma Tre, moderati dallo storico Marcello Pezzetti. L’incontro è stato organizzato dal Centro di cultura ebraica della Comunità di Roma, la cui direttrice Miriam Haiun ha sottolineato come gli scritti di Cividalli rappresentino “una pagina importante del sionismo italiano e un tassello di memoria familiare che costituisce un importante materiale per gli studiosi”.
“Questa raccolta disegna un affresco sulle persecuzioni antiebraiche e sul cuore della Shoah italiana da un punto di vista totalmente particolare – ha detto Pezzetti in apertura di serata – e cioè da quella che allora era la Palestina, da Eretz Israel, con uno sguardo estremamente intelligente di chi vede le cose da fuori”. Una ricostruzione che sarebbe stata impossibile senza l’aiuto di Piero Cividalli – come ha sottolineato Berger – il quale ha trascritto tutto il materiale prodotto dal padre e aiutato la curatrice a ripercorrere tutte le vicende e a identificare la storia di ogni personaggio che ne faceva parte.
Il libro permette dunque, secondo Gentiloni, di “seguire la vita della persone con lo sfondo della grande Storia”. A sorprendere tutti e tre gli oratori è stata in particolare la consapevolezza di Gualtiero Cividalli, che andava ben oltre la semplice conoscenza di ciò che stava avvenendo. “Sembra di leggere qualcosa scritto da qualcuno molto ben documentato qualche anno dopo, mentre lui lo scriveva sul momento, mentre le cose si verificavano”, ha notato Gentiloni. Questa chiarezza è anche testimoniata, oltre che dai suoi scritti, anche da alcune cartine da lui disegnate in quegli anni rappresentanti le varie fasi della guerra, documenti rimasti a casa del nipote Nando Tagliacozzo, che li ha condivisi con il pubblico.
Toscano ha quindi osservato che in questa descrizione così accurata, legata all’ascolto di molti canali radio in diverse lingue, “ricorre anche l’identità di chi scrive, e il suo stretto rapporto con la terra d’origine”. Meghnagi ha inoltre ricordato come il sionismo italiano, di cui Cividalli faceva parte, fosse un movimento strettamente legato anche con la riscoperta dei testi e della religione ebraica. “Essere ebrei è stata la loro forza, poiché impedendo la melanconia ha permesso un’elaborazione del lutto in senso positivo. Grazie a Israele – la sua conclusione – non hanno perso la speranza”.

f.m. twitter @fmatalonmoked

(31 marzo 2016)