Roma – Talmud, patrimonio di tutti
Gli interventi di rav Adin Steinsaltz, rav Riccardo Di Segni e Renzo Gattegna in occasione della consegna della prima copia del Talmud tradotto in italiano al presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Messaggio per l’umanità
Il Talmud è da generazioni e generazioni il testo centrale della cultura ebraica, un testo significativo e importante non solo per questa cultura, ma estremamente rilevante anche per la cultura al livello mondiale. Dal punto di vista storico possiamo dire che, durante il periodo dei Profeti, l’ebraismo ha dato al mondo la nozione di monoteismo, che poi si è diffusa su tutta la terra sia in forma religiosa che secolare (monismo). In seguito, l’ebraismo ha donato al mondo un’altra nozione che si ritrova sotto varie forme in tutte le aree della terra, ovvero la nozione di Redenzione. Successivamente i suoi saggi hanno creato un nuovo libro, il Talmud, che ha fornito a tutti un nutrimento attraverso il concetto di sanità, ovvero di come un’intera cultura, uno stato o un individuo possano mantenere la propria sanità in un mondo tormentato dai conflitti, dalle difficoltà e apparentemente da problemi irrisolvibili. Chiunque scenda in strada o usi i mezzi di comunicazione di massa può capire l’importanza di questo messaggio per l’umanità, di un un messaggio che dovrebbe veramente essere diffuso al livello globale.
Tradurre il Talmud in qualunque altra lingua è un’impresa ardua poiché si tratta di un testo pieno di paradossi, redatto in un linguaggio intuitivo, ma anche molto preciso fin nei minimi dettagli, che può essere assimilato ad una serie di equazioni matematiche scritte con un linguaggio poetico. Allo stesso tempo, è un’espressione totale di vitalità e di vita, ma essendo un testo e’ come se fosse una statua marmorea di un ruscello che scorre.
La traduzione del Talmud in Italiano è stata un’impresa audace, mai tentata prima, sebbene siano stati molti i saggi che hanno parlato, scritto e creato in italiano e che hanno vissuto in Italia; tuttavia nessuno di loro aveva mai provato a tradurre il Talmud nella propria lingua.
Il folto e incredibile gruppo di persone che ha intrapreso questo progetto merita tutto il nostro plauso e molto di più. Grazie al loro immenso sforzo nell’intraprendere questo compito pionieristico, chi parla italiano, anche se non avvezzo al linguaggio e alla dialettica del Talmud, ha finalmente la possibilità di ricevere alcune perle dell’enorme ricchezza racchiusa in questo grande libro; può finalmente guardarlo, leggerlo e dunque beneficiare dei suoi messaggi che si rivelano utili per la vita quotidiana, sia pubblica che privata.
Questo Trattato, Rosh HaShanah, il primo ad essere tradotto in italiano, contiene molte delle caratteristiche del Talmud: discussioni astratte e esoteriche sulla creazione del mondo, accompagnate da dettagli tecnici e pratici sull’osservanza del mitzvoth. In questo Trattato, come anche negli altri, vengono citati i molti Saggi che lo hanno composto, quasi senza alcuna distinzione. Il Talmud non è il lavoro di un singolo individuo ma è piuttosto il frutto di una creazione collettiva, i cui numerosi autori sono citati per nome, mentre altri sono presenti in forma anonima nei giudizi e nelle decisioni a carattere halachico. Un’altra importante caratteristica che ritroviamo in questo Trattato come anche nell’intero Talmud è il libero movimento entro i confini del tempo. Infatti certi saggi, magari vissuti a distanza di un millennio, vengono messi insieme come se stessero pensando, discutendo e raggiungendo delle conclusioni in maniera simultanea. Questo Trattato è ricco di poesia e di filosofia ma anche di discussioni relative ai piccoli problemi pratici e alle questioni che attengono alla sfera pubblica.
Non vi è miglior modo di apprezzare questo libro che aprirlo, cercare di leggerlo e comprenderlo e ancora di più rifletterci su. Leggere e capire l’intero testo non è sicuramente semplice, ma anche poche gocce dell’elisir della vita che si trovano al suo interno sono estremamente preziose per chi di esse si nutre.
Rav Adin Steinsaltz
Una lacuna colmata
Qualche anno fa la professoressa Clelia Piperno venne da me dicendo: ho un’idea, traduciamo il Talmud in italiano. Le risposi sorridendo se avesse la minima idea delle risorse necessarie in termini umani ed economici. Mi disse non ti preoccupare ci penso io. Le dissi allora si, ok, tanto ero sicuro che le risorse non le avrebbe trovate. Ora siamo qui.
Signor Presidente, autorità, amici
La prestigiosa sede che accoglie questa presentazione è degna dell’evento che celebriamo. Ma il caso, se di caso si tratta, ha voluto che questo luogo sia a poca distanza da altri due luoghi che nella storia del Talmud hanno avuto una grande importanza. Lungo il corso del fiume, qui a Trastevere, vicino alla piazza in Piscinula, si collocò il primo insediamento ebraico romano, di cui rimane ancora una Sinagoga in vicolo dell’Atleta. Ed era qui che nell’undicesimo secolo un illustre membro della famiglia Anav, rabbì Natan ben Yechiel (1035-1106) compilò il primo dizionario della lingua talmudica, l’Arùkh, mettendo a disposizione degli studiosi uno strumento che ancora oggi è utile nella quotidianità di chi cerca di comprendere il Talmud, oltre ad essere una miniera di importanti informazioni. Perché una tale opera potesse essere compilata non bastava il grande studioso, ma ci voleva una corte di persone colte dotate degli strumenti di lavoro, allora manoscritti, preziosi e di difficile reperibilità. Tale era la Roma ebraica di mille anni fa. L’altro sito a pochi passi da qui è Campo de’ Fiori, per molto tempo sede di esecuzioni pubbliche dimostrative. Come è stato già detto in quella piazza che nel 1553 tutti i libri di Talmud furono bruciati in un pubblico rogo, e da quel momento fu proibito lo studio del Talmud e ogni sua copia circolante fu confiscata per essere distrutta. Quel giorno era Rosh haShanà, il Capodanno ebraico, la stessa ricorrenza alla quale è dedicato il primo trattato talmudico che traduciamo in italiano. Questi due eventi lontani nel tempo ma vicini nello spazio, sono una testimonianza dell’importanza e della centralità del Talmud nella vita ebraica italiana e dell’interesse del mondo esterno nei suoi confronti, purtroppo – nella maggior parte dei casi- nefasto e persecutorio. Il Talmud, nelle due versioni esistenti, è stato compilato nella terra d’Israele e in Babilonia; questa seconda versione, sviluppata in un periodo storico di relativa stabilità per il popolo ebraico, si è potuta affinare e perfezionare, per diventare la chiave di comprensione di tutta la tradizione rabbinica, la sua Bibbia orale. Come tale, ovunque risiedano degli ebrei, lo studio del Talmud è parte essenziale e integrante della formazione religiosa, culturale, morale e intellettuale. Ma il Talmud è un testo molto difficile, per la lingua e la struttura fatta apposta per affinare l’intelletto e lo spirito critico. Così accanto agli studiosi si sono moltiplicati gli interpreti, i divulgatori e i diffusori. In questo processo l’Italia ha avuto un ruolo decisivo in molti momenti della storia. Abbiamo detto di rabbì Natan, ma prima e dopo di lui vi sono stati cultori della materia, dai semplici copisti, che neppure tanto semplici dovevano essere, ai maestri e ai commentatori. Decisiva in questa storia è stata l’invenzione della stampa, proprio qui a Roma viene stampato il primo libro ebraico, ed è in Italia che il Talmud viene finalmente stampato per intero. L’impresa completa, dopo i tentativi dei Soncino, avviene a Venezia, poco dopo l’istituzione del Ghetto di cui appena ora abbiamo ricordato il quinto centenario. I tipografi italiani hanno inventato la veste tipografica del Talmud, e da allora ogni edizione ne deve ricalcare quella struttura originaria e la divisione in fogli e colonne. La stampa stimolò ulteriore produzione culturale, e fu proprio un altro italiano, Yeoshua Boaz le veth Barukh, cioè Salvatore Boniforte de’ Benedetti , a corredare le edizioni con un apparato di rimandi alle citazioni bibliche, ai paralleli talmudici e alle opere di codificazione della legge. Ma la grande diffusione non sfuggì agli occhi inquisitori, che in realtà mai avevano perso di vista quest’opera; già tre secoli prima a Parigi c’era stato un rogo di manoscritti, ora toccò a Roma per le edizioni stampate. Le accuse contro il Talmud erano dei pretesti; si capiva che se si voleva colpire la cultura e l’indipendenza ebraica bisognava colpire al cuore, e il cuore era il Talmud. La persecuzione di questo testo in Italia è stata aggirata dagli ebrei con tutti i possibili espedienti, ma avuto un effetto micidiale nell’abbassare il livello culturale e religioso delle nostre comunità. La strada che abbiamo intrapreso ora con questa ambiziosa operazione ha per tutti questi motivi un grande valore simbolico. Secoli fa sarebbe stato impensabile tradurre un testo così complesso nelle lingue europee; cambiando il mondo e gli strumenti a disposizione, a questo ci si è dedicati nel secolo scorso, con prodotti sempre più raffinati, tanto che anche negli ambienti più rigorosi la traduzione è considerata come un valido strumento di approccio al testo. L’Italia mancava all’appello, per tanti motivi, dalla relativa ridotta consistenza della sua comunità ebraica e alla mancanza di conoscenza di questo patrimonio sia in campo ebraico che non ebraico. Pensare e lavorare a quest’opera significa tante cose: Che ora, di nuovo, c’è un gruppo di studiosi di Talmud che parlano la lingua italiana e che possono realizzare questo obiettivo; che esiste un’attesa da parte del pubblico, non solo ebraico; che esiste un genuino interesse da parte delle istituzioni dello Stato italiano a promuovere e coltivare questi studi, come parte non trascurabile di un patrimonio universale ma con specificità italiane; che l’incontro con un mondo culturale diverso ma interno non spaventa ma al contrario attira l’attenzione; che dopo le persecuzioni dei secoli scorsi e la tragedia della shoà si comprende che queste pagine fanno parte della storia italiana e sono necessarie alla crescita della sua società che deve essere aperta al confronto. E rivolgendomi al presidente della Repubblica vorrei sottolineare un altro dato: all’inizio solenne del Suo mandato, nel discorso al Parlamento, Ella ha voluto ricordare un bambino ebreo italiano vittima del terrorismo e dell’odio antiebraico; oggi Lei continua questo percorso di attenzione all’ebraismo partecipando ad un evento in cui si parla di ebraismo non come di un corpo al quale sono stati inferti colpi mortali, ma di un mondo vivo portatore di una grande cultura necessaria alla società. Grazie dunque signor presidente per la sua presenza in questo momento, che rappresenta per tutti la volontà istituzionale di recupero e di crescita.
Rav Riccardo Di Segni
Un grande valore simbolico
Il Talmud, testo fondamentale dell’ebraismo, di cui oggi celebriamo la presentazione del primo volume della traduzione in italiano, gode di un primato, quello di aver resistito da secoli al fuoco degli innumerevoli roghi nei quali è stato gettato.
Mi limito a ricordarne due molto significativi:
Negli anni tra il 1240 e il 1244 fu celebrato a Parigi un processo che vedeva sul banco degli imputati non un essere umano, ma un libro, il Talmud; la sentenza che concluse quel processo comminò la pena di morte e il libro fu bruciato;
Il 9 settembre 1553, nella piazza di Campo de’ Fiori a Roma, fu acceso un grande rogo di libri nel quale furono gettati numerosi esemplari del Talmud;
Viene spontaneo ricordare che, dopo i libri, nello stesso luogo di Roma, il 17 febbraio del 1600 fu mandato al rogo Giordano Bruno, condannato a morte dal tribunale dell’Inquisizione che, oltre a giudicare i veri o i presunti eretici, svolgeva un’opera di censura preventiva attraverso l’apposizione dell’imprimatur e repressiva con l’inserimento nell’Indice dei libri proibiti.
Questa breve premessa mi è sembrata utile per inquadrare e valorizzare storicamente l’evento che oggi stiamo realizzando e vivendo, che supera l’ambito ebraico e si rivolge a tutto il mondo della cultura italiana. Da parte ebraica è un gesto di apertura, di fiducia e di coraggio; è come spalancare una porta ed esporre al giudizio di tutti il nostro bagaglio culturale, etico e religioso.
La traduzione in italiano del Talmud ha un grande valore simbolico ed è figlia del nostro tempo, di questa nuova era.
Questa difficile e gigantesca impresa di traduzione, che è scaturita dalla sottoscrizione, nel gennaio 2011, di un protocollo d’intesa tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, non sarebbe mai stata possibile in altre epoche ed è il frutto di un nuovo modo di intendere le relazioni tra lo Stato italiano e le minoranze religiose e naturalmente delle diverse religioni tra loro.
Dopo 10 anni di presidenza dell’Unione delle Comunità Ebraiche, ho maturato il fermo convincimento che questa fase positiva delle relazioni, di comprensione e di dialogo, improntati alla pari dignità e al reciproco rispetto, finalizzati non al proselitismo e alla conversione dell’altro, ma a capire l’altro, anche riscoprendo le comuni origini e l’appartenenza alla stessa civiltà, sia una grande occasione per collaborare e unire le forze, per realizzare un mondo migliore da lasciare alle future generazioni.
Forse è un’occasione storica che è capitato a noi di vedere aprirsi, forse è un’occasione unica, forse è irripetibile, ma in ogni caso non può essere né ignorata, né sottovalutata, né lasciata esaurire per inerzia o per i residui di diffidenza legati a un passato neanche tanto remoto; un passato che si è protratto per secoli durante i quali nei confronti degli ebrei spesso sono prevalsi l’ostilità, il disprezzo e il pregiudizio. E che non può e non deve essere dimenticato.
Ma non sarebbe giusto né opportuno lasciare che il peso del passato comprometta le prospettive che potrebbero essere realizzate nel futuro.
A molti viene spontaneo domandare perché si attribuisca tanta importanza al Talmud e che cosa sia il Talmud.
Potrebbe deludere qualcuno e potrebbe esaltare qualcun altro apprendere che il Talmud contiene la registrazione di discussioni, delle quali alcune affrontano argomenti di carattere teologico, altre di carattere civile, sociale, umano e di organizzazione della vita quotidiana. Ma non è solo questo, perché il Talmud, dopo la distruzione del Tempio e l’inizio della Diaspora è stato considerato ed è diventato una specie di tempio immateriale e invisibile che ha accompagnato e non ha mai abbandonato gli ebrei durante le loro peregrinazioni. Un tempio nel quale è stata conservata e tenuta in vita la Tradizione orale e che quindi per tutto il popolo ebraico è stato una garanzia rispetto al rischio di scomparire, come è capitato a quasi tutte le civiltà antiche. Per chiunque visitare questo Tempio è come entrare immediatamente in diretto contatto con l’essenza stessa dell’ebraismo e persino con il subconscio ebraico.
La traduzione ci permette di mettere a disposizione di tutti gli italiani un testo che, in passato, ha attirato su di sé odio e pregiudizio da parte di tante persone che non avevano la più pallida idea di che cosa fosse.
Vive in tutti noi la speranza che vengano finalmente compresi alcuni tesori di una plurimillenaria saggezza, portatori di principi e di significati cronologicamente antichissimi, che non cessano mai di sorprendere per la loro modernità.
Questa registrazione di discussioni, infatti, evidenzia quanto valore è sempre stato attribuito dagli ebrei, anche mille, duemila o tremila anni fa, alla libertà di pensiero e di manifestazione del pensiero.
Il confronto dialettico viene sempre indicato e adottato come metodo di studio, in quanto garanzia di rispetto delle opinioni altrui, anche se diverse e anche se contrarie.
Non è un caso che ogni dibattito riporti fedelmente sia la tesi prevalente che quella minoritaria.
Infine, lo studio effettuato in gruppo offre un’ulteriore garanzia in quanto non consente a nessuno di chiudersi in un isolamento intellettuale che potrebbe tradursi in estremismo e fanatismo e obbliga tutti a rispettare precise norme di disciplina, di correttezza, di autocontrollo. Il modello dialettico applicato nel Talmud è la negazione e il rifiuto di qualsiasi forma di dogmatismo e di integralismo.
Abbiamo tutti da riflettere per valutare se l’umanità, negli ultimi mille, duemila o tremila anni sia riuscita a progredire sul piano umano e culturale.
Illustre Presidente, accolga l’omaggio della prima copia stampata come segno concreto e tangibile di fiducia, di speranza e di amicizia.
Renzo Gattegna, presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
(5 aprile 2016)