Qui Roma – La mostra sull’anniversario
Rav Elio Toaff e papa Wojtyla
l’abbraccio che cambiò la storia
“Dialogare è importante anche nel momento in cui sembra più impossibile”. Questo il messaggio della mostra “1986-2016. Trentesimo anniversario dallo storico abbraccio tra Papa Giovanni Paolo II e Rav Elio Toaff” che si aprirà il 14 aprile al Museo ebraico di Roma, curata da Lia Toaff, nipote del grande rabbino e uomo del dialogo che il 13 aprile del 1986 accolse per la prima volta nella storia un pontefice in sinagoga. La mostra, che sarà presentata alla stampa mercoledì, precisamente nell’anniversario da quell’abbraccio, nasce da una collaborazione fra la Comunità ebraica e le Poste italiane. All’apertura parteciperanno tra gli altri il rabbino capo Riccardo Di Segni, la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello e la presidente di Poste Italiane Luisa Todini. Un evento che, sottolinea Toaff, cade in concomitanza anche con un altro anniversario, il primo dalla scomparsa del nonno, ricordato dunque come figura fondamentale nella storia dei rapporti ebraico-cristiani.
In realtà, specifica la curatrice, tutto ebbe inizio molto prima di quel 13 aprile, e la mostra dà conto anche del lungo processo che portò a quell’incontro. “Realizzarlo non fu facile poiché l’epoca era difficile, ma mio nonno lo volle molto – spiega a Pagine Ebraiche 24 – e nel frattempo c’erano state le tappe fondamentali del Concilio Vaticano II e della dichiarazione di Nostra Aetate, ma anche un primo incontro da lui promosso della prima delegazione ebraica con il papa nel 1981”. Tra gli oggetti in mostra ci sono dunque documenti che testimoniano di queste svolte precedenti, e poi i doni che i due si scambiarono il giorno della visita, i due piatti della “Menorah della pace”, realizzati dall’artista Georges de Canino e donati dalla Comunità ebraica a Wojtyla e al rav Toaff, fotografie e una rassegna stampa. “Uno dei documenti che per me sono più significativi – aggiunge la curatrice – è la lettera che papa Wojtyla scrisse a mio nonno per i suoi ottant’anni, in cui ricorda il cammino che i due hanno percorso insieme”.
Il rapporto di sincera amicizia tra i due leader religiosi, sottolinea quindi, “continuò per tutti gli anni successivi a quell’abbraccio, che andò oltre e ruppe finalmente l’etichetta, e mio nonno raccontava spesso in famiglia di quello e di altri episodi”. Il rav Toaff, continua Lia, ebbe un ruolo così significativo nel dialogo ebraico-cristiano e promosse quel primo storico momento di contatto e confronto perché “ha sempre creduto nella buona fede, anche dopo secoli di persecuzioni, e ha imparato da suo padre che non bisogna mai cedere alle generalizzazioni”. A sua volta, la curatrice fa sua la lezione del nonno, di cui – racconta – “sono stata una nipote molto presente e sono cresciuta con il suo insegnamento. Per questo, anche in un momento come quello attuale in cui prevalgono molti estremismi, ritengo che sia necessario trovare sempre il buono nell’altro e l’interlocutore che permette di portare avanti il dialogo. Perché – conclude – le differenze sono sempre un arricchimento”.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(11 aprile 2016)