Pechino-Gerusalemme, insieme per crescere negli scambi
Gli scambi tra Cina e Israele continuano ad intensificarsi. Una delle ultime notizie, era l’acquisizione multimilionaria da parte di un fondo di investimenti cinese, Fosun Liang Xinjun, dell’azienda di cosmetici israeliana Ahava, famosa nel mondo per i suoi prodotti provenienti dal Mar Morto. A pochi giorni dall’acquisizione che apre ad Ahava le porte dell’Estremo Oriente, un altro segno del mutuo interesse che si sta consolidando tra i due Paesi è stata la visita a Pechino dello speaker della Knesset Yuli Edelstein. Nella capitale cinese, Edelstein, accompagnato da una delegazione israeliana, ha incontrato prima il suo omologo Zhang Dejiang e poi il Primo ministro Li Keqiang. Sul tavolo la cooperazione tra i due paesi su diversi settori tra cui l’ambiente, le energie rinnovabili e l’agricoltura. Edelstein ha sottolineato che la collaborazione con il gigante d’Oriente può essere un contributo per arrivare alla stabilità e alla pace in entrambe le regioni, in particolare in quella mediorientale. Su questo punto, il portavoce del parlamento ha espresso l’auspicio che la Cina, considerata oramai la prima potenza mondiale, incoraggi i paesi arabi a collaborare con Israele ovunque sia possibile.
Nonostante la contrazione del commercio mondiale, lo scorso anno gli scambi tra Cina e Israele sono cresciuti, un dato, ha dichiarato il Premier Li, che indica il grande potenziale della cooperazione tra Pechino e Gerusalemme. L’anno prossimo, ha aggiunto, ricorrerà il 25esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due paesi e l’intenzione è quella di rafforzare la collaborazione in tutti i cambi, la la promozione di negoziati di libero scambio, così come la costruzione di una piattaforma per facilitare la cooperazione sul fronte dell’innovazione. Quest’ultima peraltro è stata il fulcro che ha portato alla nascita di un altro grande progetto sino-israeliano: il Guangdong-Technion Israel Institute of Technology, risultato di un accordo di cooperazione firmato tra il Technion e l’università di Shantou nel 2013.
Rispetto, invece, al nuovo accordo di libero scambio tra i due paesi, l’argomento era già stato sollevato lo scorso 7 aprile quando a incontrarsi erano stati il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il vicepremier cinese Liu Yandong. Durante il vertice sono stati firmati 13 accordi di cooperazione in una vasta gamma di settori e la rimozione di barriere burocratiche e di imposte sull’import e sull’export potrebbe raddoppiare il volume di affari che oggi si attesta attorno agli 8 miliardi di dollari.
Il giornalista Anshel Pfeffer raccontava come “Israele importi principalmente merci e prodotti elettronici di consumo dalla Cina mentre le esportazioni gravita attorno a prodotti in gran parte tecnologica. Negli ultimi anni, – spiegava Pfeffer – le aziende cinesi hanno comprato Tnuva, il più grande produttore di cibo di Israele, e sono in corso colloqui per l’acquisto di assicurazione e aziende chimiche”. Senza dimenticare la citata acquisizione di Ahava.
La politica del governo israeliano, in questi anni, è stata quella di incoraggiare le aziende israeliane a lavorare in Cina tuttavia c’è chi ha sollevato delle perplessità, tra cui la questione dei diritti umani ma anche sul versante della vendita di prodotti high tech. L’ex capo del Mossad Efraim Halevy, per esempio, ha spiegato che non ci sono abbastanza linee guida sulla vendita di tecnologia avanzata alla Cina, e che questi prodotti potrebbero quindi essere utilizzati per scopi di spionaggio.
d.r.
(13 aprile 2016)