purificazione…
Per la purificazione di chi è stato colpito da “tzarà’ath” la Torah dice che occorrono alcuni elementi, fra i quali un recipiente di terracotta e “acqua viva”. I Maestri si sono domandati che significato abbiano tali elementi.
Sappiamo che la “tzarà’ath” era un’affezione che colpiva chi commetteva maldicenza, azione quanto mai vile. Anche la terracotta è il più vile fra i materiali con cui si possono fare recipienti; quindi il recipiente aveva lo scopo di ricordare lo scarso valore della persona che si doveva purificare. D’altro canto, si può presumere che l’affezione e la quarantena necessaria per la purificazione fossero servite per far prendere coscienza del peccato commesso, e che quindi il purificando fosse già abbattuto moralmente. L’”acqua viva”, fresca e ristoratrice, poteva servire a fargli riprendere il senso di vitalità all’interno della collettività.
Ma c’è anche un’altra possibilità: l’acqua viva è simbolo della Torà; pertanto essa serviva a ricordare che un rinnovato rapporto con lo studio della Torà avrebbe potuto evitare per il futuro il ripetersi dell’errore della maldicenza.
Elia Richetti, rabbino
(14 aprile 2016)