Quei cento scrittori miopi e i loro falsi standard etici

Più di cento scrittori e membri del Pen, tra cui i vincitori del Premio Pulitzer Alice Walker, Richard Ford e Junot Diaz, hanno chiesto al Pen American Center “di rifiutare il sostegno dell’ambasciata di Israele” in una lettera aperta rivolta alla loro organizzazione. Gli scrittori si oppongono alla sponsorizzazione da parte dell’ambasciata israeliana dell’annuale World Voices Festival del Pen, un evento di sette giorni che si tiene a New York alla fine di aprile. “È profondamente deplorevole che il festival abbia scelto di accettare la sponsorizzazione da parte del governo israeliano, che nega i diritti fondamentali al popolo palestinese, prendendo inoltre di mira di scrittori e giornalisti palestinesi”, dice la lettera firmata dai cento scrittori. Tra chi ha apposto il proprio nome in calce alla lettera di protesta ci sono sono l’ex presidente e vice presidente dell’English Pen, Gillian Slovo e Kamila Shamsie; il poeta Eileen Myles; gli autori Louise Erdrich e Ahdaf Soueif; e ancora Russell Banks e Deborah Eisenberg. Sono gli stessi scrittori che un anno fa protestarono per l’assegnazione, sempre da parte del Pen, di un premio alla redazione superstite di Charlie Hebdo. La scrittrice pluripremiata Alice Walker ha detto: “Come membro del Pen, voglio che questa organizzazione che si suppone essere un campione dei diritti degli scrittori si batta per gli scrittori palestinesi, accademici e studenti che soffrono sotto un regime israeliano repressivo che nega il loro diritto alla libertà di espressione. L’ultima cosa che il Pen dovrebbe accettare è la partnership con un governo che nega ai palestinesi i diritti umani fondamentali”. Marilyn Hacker, che ha ricevuto il premio Pen Voelcker per la poesia, ha spiegato che “anche se il Pen si oppone a tutte le forme di boicottaggio, i suoi standard etici vietano le collaborazioni con importanti violatori dei diritti umani. Il Pen deve escludere una partnership con il governo israeliano”. Incalzata, l’organizzazione ha risposto, tramite la portavoce Sarah Edkins, che la sponsorizzazione dell’ambasciata israeliana “copre soltanto i costi relativi al viaggio degli autori israeliani”. In particolare le spese di trasferta e di pernottamento a New York della scrittrice israeliana di origine etiope, Dalia Betolin-Sherman. Una ragazza di colore, proprio come Alice Walker e la protagonista del suo romanzo “Il colore viola”, da cui Steven Spielberg ha tratto il celebre film. Ma prima di tutto, agli occhi di questi fighetti della letteratura americana, Betolin-Sherman è colpevole di essere una cittadina israeliana. Altra ironia, il fatto che fra i firmatari della lettera di condanna del Pen ci sia Angela Davis, la cui coraggiosa difesa della libertà di espressione ha incluso il sostegno ai carri armati di Mosca che reprimevano la primavera di Praga, un Premio Lenin ricevuto dalle mani di Eric Honecker nella Ddr e l’appoggio che fornì alla carcerazione degli scrittori sovietici dissidenti. Un gruppo di oppositori praghesi una volta le rivolse un appello: “Compagno Davis, potrebbe aiutare i nostri prigionieri? Potrebbe battersi per quelle persone in Cecoslovacchia che sono perseguitate da parte dello stato?”. Angela Davis rispose: “Si meritano ciò che ricevono. Che restino in carcere”.

Giulio Meotti, Il Foglio 9 aprile 2016