Qui Roma – Il limmud in memoria di rav Toaff
L’eredità del Maestro

IMG_20160420_222727_edit_edit Una figura carismatica sia come guida spirituale di una Comunità che rinasceva dopo la guerra sia come Maestro e guida morale. Era tutto questo il rabbino capo emerito di Roma Elio Toaff, ricordato ieri sera in un limmud organizzato dall’Ufficio rabbinico e dal Collegio rabbinico italiano al Tempio Maggiore della Capitale a un anno dalla sua scomparsa. A rendere il suo ruolo particolarmente significativo è stato, secondo Victor Magiar, Assessore alla Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che ha portato il suo saluto introducendo la serata, la sua sensibilità verso i problemi della società, che lo portava a mettersi costantemente in discussione. “Rammento un episodio – le parole di Magiar – in cui lasciò il suo uditorio basito perché iniziò un discorso con le parole ‘mi sono sbagliato'”. Ad aprire la serata, caratterizzata da una scarsa presenza di pubblico, anche un saluto della presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, la quale ha sottolineato il ruolo storico di rav Toaff nel farsi protagonista di un incontro in sinagoga con il papa Karol Wojtya, un momento che ha aperto la strada del dialogo ebraico-cristiano. “Un episodio – ha affermato – che ci lascia ancora molto su cui ragionare, in particolare sulla sua costanza, il suo impegno, la sua determinazione ma soprattutto la sua umanità, che devono farci da guida nelle nostre scelte quotidiane”. Caratteristiche che, ha sottolineato Ariel Toaff, figlio del rav, hanno unito le sue radici livornesi con il suo ruolo di rabbino capo di Roma ricoperto per mezzo secolo. “Il motivo per cui a Livorno ci sono molti ebrei romani – ha osservato – è che vi è lo stesso sentimento di fortissimo attaccamento alla Comunità e all’ebraismo”. Sono quindi stati molti i rabbini e allievi del rav Toaff accolti dal rabbino capo di Roma e suo successore Riccardo Di Segni, che con un momento di studio hanno omaggiato la memoria del loro Maestro.
“È stato un coraggioso, l’ho visto personalmente prendere le difese di Eretz Israel in molte situazioni”, ha affermato il rav Vittorio Della Rocca, che ha condiviso con Toaff 60 anni di lavoro comune. “Un leader come viene descritto nella Torah – lo ha invece definito suo figlio rav Roberto Della Rocca – che ha saputo capire ogni spirito e la psicologia di ognuno di noi e relazionarsi con questa diversità, mettendosi in gioco sempre in prima persona”.
Diversi sono stati i riferimenti all’imminente festa di Pesach, alla quale Toaff era particolarmente legato, come ha segnalato anche rav Di Segni, che si è soffermato sull’uso della vendita dei prodotti cosmetici casher lePesach prima dell’inizio della festività, “una tradizione non nuova, che è sempre esistita nella nostra Comunità”. Quest’anno, ha spiegato inoltre il sofer Amedeo Spagnoletto, per ragioni legate al calendario lunare, “è l’unico anno in cui l’anniversario dalla scomparsa di Toaff cade nel periodo in mezzo tra le feste di Pesach e Purim”. Ricordando come Toaff avesse insegnato in prima persona come preparare le matzot, il rabbino capo di Napoli Umberto Piperno ha quindi citato il Maestro livornese Chida, il quale affermava che “dobbiamo avere la bocca piena di Torah, e cioè che il cibo deve essere fatto in modo tale da racchiudere in sé i suoi principi”.
A essere messo in luce nel corso della serata è quindi stato il ruolo di grande Maestro di Toaff. Commentando un passo del Talmud, il preside della scuola ebraica di Roma rav Benedetto Carucci Viterbi ha affermato che Toaff possedeva le caratteristiche dello tzaddik, del giusto, considerato particolarmente buono, e cioè “caro non solo al cielo ma anche agli altri esseri umani, alle persone che lo circondano”. Il suo insegnamento, ha quindi proseguito il rav Gianfranco Di Segni, coordinatore del Collegio rabbinico, “è che quando c’è qualche problema, non bisogna mettere la testa sotto terra ma affrontarlo, e se si trova una risposta lo si risolve, altrimenti significa che bisogna studiare di più”. Suo figlio rav Jacov Di Segni ha fatto quindi notare, attraverso la lettura di una lettera scritta da Toaff nel 1994, come egli sia riuscito negli anni a “mantenere l’umiltà di quando era un rabbino molto più giovane e si rivolgeva agli altri rabbanim”.
“Dobbiamo a quei semi e germogli piantati da Toaff i frutti che hanno dato, di cui oggi stiamo ancora godendo”, ha quindi osservato il rav Cesare Moscati. Citando i Pirkei Avot, il rav Enzo Di Castro ha quindi affermato che è necessario scegliere un maestro come punto di vista duraturo, seguendone la condotta e gli insegnamenti in modo costante. “Il rav Toaff ci ha presi come allievi da bambini – ha concluso – ma una volta terminato il percorso di studi il nostro rapporto non solo è continuato, ma si è rafforzato”.

(21 aprile 2016)