“Franco, il mio fratello eroe”
“Franco era proprio un bel bambino. Il volto simpatico e intelligente. Un vero monello”. Per lui la guerra era “quasi un gioco”. E in guerra, appena 13enne, perse la vita. Il più giovane partigiano vittima del nazifascismo.
Franco Cesana (1931-1944) è ancora oggi un simbolo del sangue versato dall’Italia ebraica per la liberazione del paese.
Sono passati 72 anni dalla sua uccisione, a Pescarola, provincia di Modena. Ma per Vittorio, il fratello oggi 98enne, è ancora come ieri. Ed è ancora nitido il ricordo dell’ultimo abbraccio. “Andava su per la collina, con la mantella. Partiva per fare il partigiano e sorrideva. Fu l’ultima volta che lo vidi” racconta a Pagine Ebraiche con l’aiuto della moglie Maria Luisa. Vittorio vive oggi a Napoli e pensa spesso a quei giorni. Anche se, spiega la compagna, l’amarezza prende spesso il sopravvento e lo porta a rifiutare la visione di film o documentari relativi al nazifascismo e alla lotta di Liberazione. “Il lutto, benché lontano nel tempo, è ancora una ferita viva” afferma Maria Luisa.
Ricordata oggi sulla prima pagina del Corriere da Aldo Cazzullo, la storia di Franco Cesana è un po’ l’archetipo di quella straordinaria stagione di impegno che vide protagonisti oltre 2mila ebrei italiani. Una memoria offesa da chi, oggi, a Roma ma anche in altre città, ha scelto di riscrivere la storia e le ragioni di chi fece scelte di campo ben diverse. Una ferita aperta anche a casa Cesana, dove ogni cosa parla di Franco e di quel passato.
Anche perché il 25 Aprile è, per Vittorio, un appuntamento irrinunciabile. Complici i molti ricordi che si rincorrono dell’emozionante giornata che segnò la liberazione di Bologna e l’ingresso dei soldati della Brigata Ebraica in città. Il ritorno alla vita e alla normalità. Emozioni indimenticabili. Anche se con lo straziante pensiero di non poter condividere la gioia della libertà ritrovata con quel fratellino conosciuto troppo poco, anche per via della considerevole differenza d’età (13 anni).
Si commuove anche una delle cugine di Franco, Ziva Modiano, che di Cesana ricorda il carattere solare e la straordinaria vivacità. Oltre al piacere di alcune giornate trascorse insieme a Roma, dove era stato inviato dalla madre affinché proseguisse gli studi. Alloggiato al Pitigliani, che svolgeva allora la funzione di orfanotrofio, Franco si distinse anche in quel caso per una certa intemperanza che gli costò, una volta, il divieto di lasciare l’istituto. Ziva sorride: “Aveva fatto a cuscinate con gli altri bambini. E al Pitigliani erano piuttosto severi. Ogni insistenza si rivelò inutile, l’uscita gli fu negata”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(25 aprile 2016)