Il Senato vota sul negazionismo
“Italia in ritardo, basta rimpalli”
“Bisogna che questa partita si chiuda, senza ulteriori rimpalli. Anche perché è un po’ paradossale che, in un periodo segnato dall’affacciarsi di nuovi estremismi, dall’emergere di nuove pericolosissime ideologie che minacciano le società democratiche, l’Italia non riesca a dotarsi di una norma di contrasto all’odio già recepita in molti altri paesi d’Europa”.
Il 16 ottobre del 2012 sua è stata la prima firma ad essere apposta sul disegno di legge sul negazionismo che veniva presentato allora, tecnicamente conosciuto come “Ddl n. 54, Modifica all’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale”.
Una sfida, non solo giuridica ma anche culturale, che l’ha sempre vista in prima linea. Oggi la senatrice del Partito Democratico Silvana Amati segue “con amarezza” ma anche con “rinnovato impegno” gli ultimi sviluppi relativi al ddl, licenziato in prima lettura dal Senato un anno fa e in seconda dalla Camera. E ora tornato a Palazzo Madama per la terza approvazione.
Un passaggio in particolare sta facendo emergere una diversità di opinioni tra i parlamentari. E cioè il paragrafo in cui si circoscrive la punibilità del negazionismo a comportamenti pubblici, contestata tra gli altri dalla presidente della Commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti (anche lei Pd).
“Sono quattro anni e mezzo che che questo percorso ha presso avvio. Un percorso non semplice, decisamente tortuoso. La speranza è che, anche con l’aiuto del governo, si possa trovare una soluzione definitiva. Così da votare domani al Senato in modo compatto e far sì che il testo venga poi assunto dalla Camera senza ulteriori modifiche” spiega Amati, che ha immediatamente avviato un confronto con il ministro Maria Elena Boschi.
“Non sorprende che tra le due commissioni Giustizia, quella della Camera e quella del Senato, ci siano orientamenti differenti. Ci può stare. Però a questo punto è necessario trovare una sintesi, perché se continueremo a perderci sulle sfumature il rischio concreto è di non andare da nessuna parte. Su questi temi serve un segnale forte al paese. E quel segnale – sostiene Amati – potrà arrivare soltanto se il Parlamento si muoverà con fermezza e tempestività”.
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(27 aprile 2016)