Spotlight – Memoria
La lotta solitaria di Fritz Bauer
Esce oggi nelle sale cinematografiche italiane il film “Lo stato contro Fritz Bauer” (Der Staat gegen Fritz Bauer) del regista italo-tedesco Lars Kraume. Il film, che ha vinto il premio del pubblico di piazza Grande al festival di Locarno, dove è stato presentato in anteprima, e ottenuto nova candidature, il numero più alto, ai Lola Awards (gli Oscar tedeschi), racconta la storia del procuratore tedesco Fritz Bauer, ebreo tedesco sopravvissuto alla Shoah, e della sua caccia al responsabile SS Adolf Eichmann. Ostacolato dalla politica e dai colleghi, che non vogliono fare i conti con il passato, Bauer persevera nella sua lotta per trovare Eichmann e farlo giudicare in patria, rivolgendosi persino al Mossad per avere aiuto.
Ampi approfondimenti, in passato, sul giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche e la newsletter Pagine Ebraiche 24.
Il Pardo s’inchina alla Germania che rispetta la Memoria
L’identità ebraica attraverso l’estrema complessità nella vita degli ebrei Haredim, Israele, il dovere di fare i conti con la Memoria. Assegnando il premio speciale della giuria a “Tikkun”, il possente racconto del giovane israeliano Avishai Sivan, e attribuendo a “Der Staat gegen Fritz Bauer” (“Lo Stato contro Fritz Bauer”) di Lars Kraume l’ambito premio del pubblico di piazza Grande, il sessantottesimo Festival del film di Locarno fa calare il sipario su un’edizione straordinaria con un marcato riconoscimento delle grandi tematiche ebraiche contemporanee. Il secondo lavoro di Sivan, di cui questo notiziario ha già riferito diffusamente e di cui torneremo a parlare nelle prossime settimane, travolge l’immaginario dello spettatore con i suoi bagliori in bianco e nero e lo introduce nel mondo dell’ortodossia ebraica più estrema proprio in una stagione in cui nell’universo ebraico tutte le ferite sono aperte e tutte le sensibilità sono accese. Il film costituisce un’esperienza drammatica che sarebbe assai riduttivo ascrivere unicamente alla sfera dello spettacolo. La sua apparizione nelle sale, durante la prossima stagione, promette di rimettere la creatività di Israele, così come l’immenso valore del caleidoscopio sociopolitico di Israele, al centro dell’attenzione. Ma al di là dell’emozione e della suggestione fortissima, è la capacità tecnica di Sivan e di tutto il suo staff ad essere messa in luce. Non a caso la stessa Giuria ha voluto assegnare un’ulteriore menzione speciale alla fotografia di Shai Goldman, l’operatore di “Tikkun”, che con la sua estrema sensibilità ha offerto una dimostrazione vivida di quello che può ancora fare il cinema di qualità. Ma la presenza di Sivan non è il solo segno di Israele al grande festival cinematografico elvetico. Sugli schermi di Locarno è passato fra gli applausi anche lo struggente “Haganenet” (“La maestra d’asilo”) di Nadav Lapid e soprattutto, a porte chiuse, sei grandi film di domani, il meglio che bolle in pentola nella cinematografica israeliana e non è stato ancora compiuto perché a caccia di finanziamenti. Una piattaforma di lancio sempre più importante per la cultura ebraica e per la produzione culturale di Israele.
Di grande significato anche il riconoscimento del Festival al tedesco Lars Kraume, che racconta per la prima volta al grande pubblico la vicenda di Fritz Bauer, ebreo tedesco sopravvissuto alla Shoah, magistrato supremo della nuova Germania, Procuratore generale dell’Assia, che nell’immediato dopoguerra, in una Germania ancora pericolosamente infestata nelle sue strutture dalla presenza di ex nazisti, è costretto a tradire il suo paese per salvarne l’onore, e svolge un ruolo determinante nell’arresto del criminale Adolph Eichmann spingendo il Mossad ad agire là dove la magistratura tedesca sentiva ancora le mani legate dal terribile retaggio del passato.
Kraume tiene il ritmo senza tradire la vera, drammatica realtà di questa vicenda. Ma soprattutto mostra alle giovani generazioni il momento del difficile passaggio, determinante nell’identità della Germania contemporanea, fra il superamento del passato attraverso la negazione e la cancellazione della memoria e una dolorosa maturazione nazionale che proprio Fritz Bauer riuscì infine ad avviare con l’istruzione dei processi di Francoforte e infine la messa a nudo della pervasiva struttura criminale di Auschwitz.
Un confronto autentico con la Memoria viva e non con la ritualistica della memoria, che come è noto nella Germania di oggi si può considerare una conquista determinante e che in Italia dopo mille elusioni deve purtroppo essere ancora intrapreso.
gv
da Pagine Ebraiche, ottobre 2015
(28 aprile 2016)