…elezioni

Nell’imminenza di una consultazione elettorale è normale che spuntino fuori inviti a votare l’uno o l’altro partito. Ciò che sembra meno normale è che in ambito ebraico ci si senta rivolgere inviti a dimenticare ciò che è stato il fascismo e i crimini che ha commesso, contro di noi e contro il paese. Ormai, si dice, è passato molto tempo, le cose e le persone sono cambiate, bisogna metterci una pietra sopra. Certa destra, poi, è molto amica di Israele, quindi è molto amica degli ebrei.
È di questi giorni la proiezione di due film su Fritz Bauer (Il labirinto del silenzio e Lo stato contro Fritz Bauer), due film che trattano il dilemma se si possa chiudere con il passato per andare finalmente a riconciliazione; se sia lecito seppellire i morti una seconda volta e dimenticarne volto e memoria pur di vivere appieno il presente, pur di riconoscersi cittadini uguali a pieno diritto, omologati anche sul piano della storia. NO. Non saremo mai uguali sul piano della storia. A non consentircelo sono proprio gli altri, coloro che non hanno mai riconosciuto le responsabilità del loro tempo e i silenzi imposti dalla loro cultura. Non potremo mai condividere una storia che ci ha visto vittime. E perdonare non spetta a noi, come diceva bene rav Toaff, perdonare spetterebbe a chi non potrà mai farlo perché è stato eliminato.
Sorprende vedere con quanta facilità si ricercano e si trovano motivazioni e pretesti pur di allinearsi sulle posizioni di Storace o di Alemanno o della Mussolini e occupare, magari, uno scranno anche in ultima fila. Ebrei che si lasciano usare dalla politica, come foglie di fico.
E non è che la politica anti-israeliana di sinistra o il suo antisemitismo velato da antisionismo possano mitigare la nostra opposizione alle posizioni razziste e antiumanitarie del fascismo e dei suoi nipotini.
Noi ebrei siamo spesso stretti fra incudine e martello. A destra i nostri persecutori del passato, ora falsi amici interessati, a sinistra interessati critici del nostro presente, che ci lasciano isolati di fronte alle offese alla Brigata ebraica pur di non inimicarsi le forze terzomondiste propalestinesi, spesso compromesse con il sostegno a terroristi scambiati per partigiani. C’è poco da scegliere. Piuttosto non scelgo. Ma non mi faccio spingere, per pura ripicca, fra le braccia di chi ancora inneggia al Duce e va a festeggiare a Predappio. Il loro passato è sempre presente. E anche il mio.

Dario Calimani, Università di Venezia

(3 maggio 2016)