Comuni e Comunità
È più che legittimo (anzi, direi, necessario) che i nostri Consigli comunitari si adoperino per mantenere un dialogo costante e il più possibile proficuo con le amministrazioni locali. Un sindaco, una volta che è stato eletto, è il sindaco di tutti i cittadini, che lo abbiano votato o meno. Come si debbano comportare le istituzioni comunitarie nella fase preelettorale è certo meno evidente, tant’è che, a quanto vedo dal dibattito in questo notiziario quotidiano, all’interno del mondo ebraico ci sono posizioni molto variegate. Forse è impossibile dettare regole di comportamento assolute, perché dipende dalle situazioni locali, ma in generale mi sembra logico che gli ebrei cerchino di informarsi su quali siano le proposte dei candidati sindaci su temi che ci stanno particolarmente a cuore (antisemitismo, memoria, Israele, ecc.). Devo dire che mi lascia un po’ più perplessa, invece, l’idea di incontri ufficiali tra i candidati e le nostre figure istituzionali (Presidente, Consiglio, Giunta). E ancora meno mi convince l’idea di un coinvolgimento dei rabbini. Capisco bene che in determinati contesti e in situazioni specifiche questo possa essere necessario (come dicevo, è impossibile dettare regole generali), ma non posso fare a meno di chiedermi quale impressione del mondo ebraico si trasmetta al mondo esterno: una lobby che si muove compatta e unanime? Un gruppo legato da interessi economici che vengono anteposti al bene comune? Una setta di fanatici che segue ciecamente i consigli delle proprie autorità religiose persino nella cabina elettorale? Queste immagini non solo alimentano (come se ce ne fosse bisogno) i pregiudizi antisemiti, ma sono anche platealmente false. Gli ebrei in realtà sono tutt’altro che compatti, salvo su pochissimi temi, e a mio parere questa grande varietà di opinioni è per noi un elemento di forza, non di debolezza.
Anna Segre
(6 maggio 2016)