Dimmi che kippah indossi e ti dirò chi sei
Si dice comunemente che l’abito non fa il monaco, ed è sicuramente vero che non è mai bene essere frettolosi nel giudicare le persone da quello che indossano, ma se ci si trova in Israele un’occhiata alla kippah del proprio interlocutore può effettivamente svelare parecchio. L’identificazione in un gruppo ma anche molto probabilmente opinioni politiche e posizione su questioni che da tempo sono entrate nel dibattito pubblico. Non è una novità, indossarne una in velluto nero non è la stessa cosa che avere in testa una kippah colorata fatta all’uncinetto, è così la scelta di se e cosa portare sul capo diventa un interessante indicatore delle varie anime di Israele. Al punto da interessare il Pew Research Center, l’istituto indipendente di ricerca basato a Washington che ha da poco reso pubblici i risultati di una grande ricerca sulle identità degli israeliani intitolata “Israel’s Religiously Divided Society” condotta fra l’ottobre 2014 e il maggio 2015 su un campione composto da 5601 israeliani. Sono diverse infatti le risposte che i ricercatori hanno incrociato con i dati sul tipo di kippah indossata dalle persone contattate (ebrei maschi). Agli intervistati sono state mostrate delle immagini corrispondenti a un ventaglio di tipi di copricapo diversi. Alla domanda “Che tipo di copricapo usi abitualmente in pubblico, se lo usi?” le risposte possibili erano infatti ben dodici, da “grande, nera, non fatta all’uncinetto” a “fatta all’uncinetto con dei disegni”, passando per lo shtreimel, il capello bordato di pelliccia dei chassidim e arrivando al capo scoperto. I dati, scomposti per appartenenza religiosa, età, livello di istruzione, origine ashkenazita o sefardita e luogo di residenza, associati poi alle altre risposte, hanno permesso ai ricercatori del Pew di avere un quadro complessivo chiaro di cosa si può dedurre vedendo indossare l’una o l’altra kippah. Innanzitutto: a indossare regolarmente un copricapo in pubblico è il 36 per cento della popolazione (maschi, ebrei): a capo scoperto non vanno mai i haredì (ultraortodossi), mentre lo sono praticamente sempre sempre gli hilonì (laici), solo il tre per cento dei datì (religioni) e il 57 per cento dei masortì (tradizionali). Molto semplice associare alle kippot la posizione politica: il 56 per cento di coloro che l’indossano grande, nera e di tessuto (il 58% dei haredì contro il 17 % dei datì e il 25% dei masortì) si ritengono di destra mentre il 41 per cento vota al centro. Il 47 per cento dei datì, contro il 27 per cento dei haredì e il 26 per cento dei masortì indossa una kippah piccola e nera, non fatta all’uncinetto. Fra di loro il 65 % vota al centro, contro un 35% che invece vota a destra. Suddivisi in maniera più equa fra masortì e datì coloro che usano l’ormai famosa kippah srugà, fatta all’uncinetto ma non nera – 54 % datì e 46 % masortì): poco meno del 60 per cento di chi la indossa si colloca a destra dello spettro politico, mentre se la kippah è fatta all’uncinetto ma è nera molto probabilmente a indossarla è un masortì, (59 %) mentre la componente datì si attesta al 28 per cento e i haredì al 14 per cento. Riassumendo, la kippah nera all’uncinetto è quella che corrisponde maggiormente a un’identificazione a destra nello spettro politico.
In sostanza la grande maggioranza dei haredì e dei datì porta il capo coperto (alcuni haredì in pubblico preferiscono il cappello bordato di pelliccia o simile a un borsalino nero) mentre i masortì sono più divisi, con un 57 per cento di rispondenti che gira a capo scoperto. Indossare una kippah nella vita quotidiana è un atto con cui si afferma la propria identità religiosa, mentre il tipo, come risulta dai dati del Pew Research Center, appare come un’indicazione abbastanza forte delle proprie idee. Per esempio parlare della citata kippah srugà (fatta all’uncinetto, di solito non nera) significa in Israele fare riferimento ai sionisti religiosi. E i dati lo confermano: tra gli uomini che portano una kippah colorata fatta all’uncinetto ben il 63 per cento afferma di sentirsi descritta
molto accuratamente dal termine “sionista”, che invece non sentono come una descrizione accurata il 58 per cento di coloro che portano una kippah nera, grande e di tessuto (che in genere sono haredim). Il primo gruppo, inoltre, (le kippot srugot) ha una visione piuttosto chiara rispetto alla domanda più controversa del report: il 65 per cento si dice infatti d’accordo rispetto alla frase “Gli arabi dovrebbero essere espulsi o trasferiti al di fuori di Israele”. Sono gli stessi che in grande maggioranza esprimono profondo scetticismo su una possibile coesistenza pacifica fra Israele e uno Stato palestinese ( il 75 per cento afferma che non è possibile).
Dall’ideologia politica alle scelte sull’identità religiosa, molto può dire dunque una kippah, e che viene mostrato chiaramente dal lavoro dei ricercatori del Pew, ed è utile tenerne conto ma a patto – come per gli abiti del monaco – di non precipitarsi a giudicare.
Ada Treves
(8 maggio 2016)