Un sindaco
tra speranza e paura

kasamL’elezione a sindaco di Londra, umbilicus mundi, di Sadiq Khan, socialista, musulmano di famiglia pachistana, sembra dar ragione alle fosche previsioni di Hollebecq sulla islamizzazione prossima ventura dell’Europa, e sulla perdita delle radici illuministe e dell’identità greco-giudaico-cristiana del nostro continente. “Submission” si apre proprio con l’elezione (in un prossimo venturo 2022) di un musulmano di seconda generazione a Presidente della Repubblica francese, grazie all’alleanza tra socialisti e islamici moderati, e alla progressiva volontaria conversione della popolazione alla Sharia e alle leggi dell’Islam.
Ma cercando di utilizzare il cervello razionale, invece di quello emotivo, vorrei far mio il motto elettorale di Khan: “Scegliete la speranza e non la paura”.
E di speranze Khan potrebbe offrirne parecchie, anche per i cittadini ebrei che si sentono minacciati dal fanatismo terrorista e dall’antisionismo che in Inghilterra è particolarmente virulento. Fanatismo e antisionismo che l’elezione di Goldsmith, candidato ebreo, élitario, antieuropeista, avrebbero invece potuto fomentare, soprattutto da parte della popolazione musulmana più indigente e meno integrata.
Khan invece rappresenta un modello esemplare di integrazione, che potrebbe dare orgoglio e identità a tanti giovani che si sentono emarginati e senza speranza. Figlio di un tassista e di una sartina, molto poveri, emigrati dal Pakistan, è un self-made man, che dimostra che con tenacia, capacità, intelligenza e dedizione, chiunque ce la può fare, e non solo in America, ma anche in Inghilterra. E che quindi l’integrazione non dipende solo dagli altri, ma in primo luogo da se stessi. Una lezione di vita importante, per i giovani che condividono il suo background ma si sentono pieni di risentimento e attribuiscono al solo contesto sociale il loro fallimento. Avvocato dei diritti umani, Khan è stato minacciato di morte per aver votato in Parlamento (di cui è membro dal 2005 e ha servito come Ministro per le Comunità Etniche e per i Trasporti) la legge sul matrimonio omosessuale.
Khan si è pronunciato più volte contro l’antisemitismo e la mancanza di impegno nel combatterlo, anche all’interno del suo partito, e ha cercato sostegno elettorale anche nella comunità ebraica. Gli è stato rinfacciato di aver definito nel 2009 gli islamici moderati “Uncle Tom” (cioè lo schiavo nero integrato nella società che lo sfrutta), e per aver appoggiato le sanzioni contro Israele: di entrambe le cose ha chiesto pubblicamente scusa. Per calcolo politico o per sincero pentimento? Dobbiamo aspettare e vedere.
Ma come l’elezione di Obama ha ridato ai neri americani orgoglio e speranza, e ha dimostrato infondate le previsioni di un radicale cambiamento nei confronti di Israele, così l’elezione di Khan potrebbe servire a mitigare le rivendicazioni degli estremisti e dare voce a quell’Islam moderato che è il solo a poter sconfiggere il terrorismo. Khan ha promesso di essere il sindaco di tutti, e di voler combattere duramente il terrorismo. Solo lui, musulmano, può farlo senza temere accuse di islamofobia.
In Italia le Brigate Rosse furono debellate solo quando, per il mondo comunista, i suoi adepti non furono più “i compagni che sbagliano, ma divennero nemici da combattere.
Così la maggioranza islamica che è rimasta silenziosa davanti agli episodi di terrorismo, e che fornisce il terreno di coltura dell’estremismo, potrebbe avere un ruolo fondamentale nel prevenirlo.
Quanto ai rapporti con Israele, Goldsmith sarebbe stato ferocemente criticato per qualsiasi mossa o dichiarazione contrarie al boicottaggio e all’odio antisionista. Khan, se lo vorrà, potrà invece permettersi di dare una svolta anche su questo piano e contribuire a un dialogo interculturale e interreligioso che è la sola via per un futuro di pace.

Viviana Kasam

(8 maggio 2016)