A scuola di scrittura
Tanti anni fa, in una galassia vicina vicina…, ho creduto di essere uno scrittore. Mi sono allora comportato come credevo si comportassero gli scrittori, e – a margine – ho scritto e spedito ai pochi editori che reputavo degni le inoppugnabili prove del mio genio. Pochi minuti dopo (il tempo è un inganno) alcune lettere prestampate mi misero seri dubbi sul mio assunto.
Fortuna che ero un ragazzo sveglio: capii quella che il grande Paolo Conte avrebbe chiamato “la distanza fra l’assicurato e l’assicuratore”, e – senza farmelo sapere – decisi che la mia brillante carriera era finita. Per fortuna mia e dei lettori le opere giovanili dell’incompreso autore VF sono finite dove stanno in ottima compagnia – nella spazzatura – insieme alle altre del loro genere, alcune però pubblicate. E ho ripreso a leggere, a leggere forte, talvolta ri-scrivendo quel che leggevo – ma questa è un’altra storia.
Da allora, troppo indietro per ricordar tutto, ho però guardato con attenzione e talvolta con acribia alle varie forme di educazione letteraria che si sono presentate, dai libri degli scrittori sulla scrittura ai corsi di scrittura creativa, eccetera. Ho letto molte interviste e libri di scrittori famosi sul loro mestiere, sulla loro arte, ma nessuno come “Negoziando con le ombre” (Ponte alle Grazie) di Margaret Atwood. L’ho riletto in questi giorni perché un altro suo libro – “L’Assassino Cieco” (2001 – Ponte alle Grazie ) – uno di quelli che rileggo per ricordarmi che non sono uno scrittore – mi ha fatto riprendere dallo scaffale d’oro della mia biblioteca questo, che è del 2002.
Già dal titolo, queste ‘Lezioni di Letteratura e Altro’ indicano il nocciolo, ma la polpa è buona, e va masticata bene prima di arrivarci. Le parole di Atwood, donna come tutte – essere umano come pochi – sembrano un discorso che una non più giovane ma nemmeno anziana cara zia ti rivolge, sì proprio a te che “vorresti essere una scrittrice o uno scrittore”. Non a caso il testo è una versione in prosa scritta della lezioni che la grande scrittrice canadese ha tenuto per le ‘Lezioni Empson’. Piene di aneddoti personali, ma sempre contestualizzati; di citazioni, ma sempre argomentate e approfondite; di giudizi critici, ma esposti in gentile forma dubitativa anche quando sono sferzanti.
Sono pagine che tolgono più che mettere, come la buona letteratura – del resto.
Tolgono soprattutto le false immagini di cosa è o non è essere un umano che scrive. Mettono paura, determinazione, direzione a chi non può non esserlo. Non ho abbastanza spazio per citare le parti da brivido che – ogni volta che le rileggo – scendono dal mio collo ai miei alluci. Ma va bene così, questo è un libro da leggere quasi in segreto, e una opinione pre costituita è già una compagnia…
Non voglio però eludere una domanda naturale: serve, leggere questo libro. Servono le scuole di scrittura?
Se per servire intendete: scrivere un buon romanzo o poesia / trovare un editore / vendere molte copie / ottime recensioni / gradimento e successo fra amici e parenti, la risposta è NO:
Se invece voi non volete essere scrittori, ma scrivere, la risposta è SÌ.
Dopo di ché ci sono libri buoni e libri cattivi anche in questo Genere.
E Scuole buone, o scuole no.
Di quelle che conosco posso testimoniare per La Bottega di Narrazione di Giulio Mozzi, e per la Holden di Baricco.
Di una più piccolina, però, ho potuto vedere a dovuta distanza un risultato che mi fa pensare bene, e mi scuso se tiro in ballo scuola e scrittrice, ma ho bisogno di fare un esempio concreto:
“Le Bustine di Minerva” sono state due cicli da dieci incontri l’uno, fino a ora. Condotte da una signora con significative esperienze da editor e lettrice raffinata ma onnivora, una donna da visioni e da uncinetto – Rita Siligato – , hanno permesso a Luisella Pacco – scrittrice già dotata di suo, determinata e onesta, ma non ancora pubblicata che su Rete e/o riviste a bassa circolazione – di migliorare significativamente. La prova è nel romanzo in corso che ogni lunedì si allunga di un capitolo, da gennaio di questo 2016, e che Luisella Pacco pubblica sul suo blog e su Facebook, dove trovate anche la pagine de “Le Bustine di Minerva”.
Leggo sul Sette del Corriere della Sera quel che pensa Giuseppe Russo della Neri e Pozza: ha ragione – venga a Trieste, che gli presento alcune promesse che devono essere solo staccate dall’albero tanto sono mature.
Comunque sia, lettori o scrittori che leggete queste Esercitazioni, sappiate che Margaret Atwood ha ragione, soprattutto quando scrive che chi scrive lo fa per Brown Owl.
Valerio Fiandra
(12 maggio 2016)