In ascolto – Note per Freud
160 anni fa, a maggio, nasceva Sigismund Shlomo Freud, il padre della psicanalisi che, a quanto si dice, non amava affatto la musica. Secondo il nipote Edward Bernays, celebre spin doctor e autore del controverso testo “My uncle Sigmund”, provava un vero e proprio disprezzo, mentre a detta di altri si trattava semplicemente di indifferenza. Forse ci ha visto giusto Oliver Sacks, autore di quel capolavoro che è “Musicophilia”, secondo cui “indifferenza non è proprio la parola giusta e sarebbe più centrato il termine freudiano resistenza, ovvero resistenza al potere seduttivo ed enigmatico della musica”.
Deve essere stato difficile “resistere” alla musica vivendo nella Vienna dei primi del ‘900, animata dai fermenti dei teatri d’opera e delle avanguardie e avendo come paziente Gustav Mahler, un uomo che, verosimilmente, raccontava se stesso anche attraverso la propria musica.
Ma da storia nasce storia e quella di oggi non riguarda i conflitti artistici di Freud bensì una delle tante “citazioni musicali” prodotte nel corso degli anni; sto parlando di “The Ballad of Sigmund Freud”, una canzone dalla genesi curiosa.
Larry Glasser, docente alla Clarkson University, ha raccontato di aver creato il brano insieme a Bob March una sera del 1952, rimaneggiando un breve componimento di Dave Lazar intitolato appunto “Freud” e ascoltato per caso in un caffè di Chicago. Dopo un paio di anni e diverse esecuzioni pubbliche, la canzone viene incisa dai Gateway Singers, gruppo folk di grande successo fondato da Jerry Walter, figlio di ebrei immigrati dalla Russia, due personaggi noti nel movimento sionista negli anni ’30 in America. E così cresce la notorietà di quella ballata nata per caso, che a partire dal 1960 viene eseguita anche dai Raunch Hands, The Chad Mitchell Trio e, più tardi, dal grande Pete Seeger.
La versione che ascoltiamo oggi è quella di The Chad Mitchell Trio, inclusa nell’album live del concerto al Carnegie Hall di Harry Belafonte (1960), non fosse altro perché ci fa conoscere, oltre al brano, anche un gruppo vocale dalla storia davvero interessante. Nonostante i decenni di attività, le molte apparizioni televisive e i concerti in luoghi prestigiosi, The Chad Mitchell Trio resta tutt’oggi una realtà tutto sommato poco conosciuta. Non si tratta di un gruppo folk tout court, perché la loro fisionomia è sì data dal genere ma soprattutto dal carattere satirico delle loro composizioni, come in “I was not a Nazi Polka” e la feroce “Twelve Days”, un chiaro riferimento al tradizionale “Twelve Days of Christmas”, che denunciano la pericolosità del regime nazista e di Hitler. Il gruppo cammina con la storia e di volta in volta cambia il bersaglio: il Concilio Vaticano II, le campagne presidenziali, la guerra in Vietnam, le politiche di segregazione.
Ma oggi, a 160 anni dalla nascita di Sigmund Freud, li ascoltiamo nella versione armonizzata in stile Golden Gate Quartet, cantare allegri: “Well, Doctor Freud, oh Doctor Freud How we wish you had been differently employed but the set of circumstances still enhances the finances of the followers of Doctor Sigmund Freud”.
Consiglio di ascolto
Maria Teresa Milano
(12 maggio 2016)