Robinson

Sara Valentina Di Palma“Il nuovo mondo era finalmente arrivato ed io non riuscivo a capire se ero pronto o no”, confessa a se stesso il pappagallo Mac, alias Martedì, dopo aver agognato a lungo la conoscenza di un mondo più vasto, che sospettava esistesse oltre la sua piccola isola del Pacifico. Questa la sorpresa di inizio settimana e di inizio mese, al cinema con i bambini in una decisione dell’ultimo momento. Il nuovo mondo infatti, rappresentato dall’arrivo di Robinson Crusoe nell’omonimo film di animazione uscito da pochi giorni nelle sale, il quale offre un ribaltamento di prospettiva in cui gli animali sono la voce narrante e protagonista, sconvolta dall’arrivo del naufrago in cui vedono un temibile mostro marino, incute paura.
Il film fa sorridere, a tratti sganasciare dalle risate il settenne seduto accanto a me, sobbalzare forse me sola per le perfidie dei gatti diabolici (unici animali malvagi della storia), ma la frase di Mac non mi ha lasciato indifferente, rammentandomi l’avversione dei fratelli di Jossef per questo ragazzo rivoluzionario, capace di sognare i rapporti tra gli uomini, l’accumulo di beni e la sete di potere per offrire soluzioni innovative capaci di salvare tutti dalla fame; lo sconvolgimento di Avraham cui D-o chiede di lasciare tutto quello che conosce e di partire per se stesso anche se ancora non lo può capire; la codardia dei dieci meraglim, le spie che tradiscono parlando male della terra di Canaan perché è un mondo nuovo e il nuovo, se non sostenuto dalla fiducia e dalla fede, fa paura.
Ma forse già nutrire dei dubbi ed interrogarsi sulla nostra possibilità di essere pronti ad accettare il cambiamento è indice della volontà, se non altro, di provare, di mettersi in discussione, di lasciare un varco al nuovo, uno spiraglio ne “la maglia rotta nella rete che ci stringe”. Il montaliano “anello che non tiene” de I limoni è qui, nell’avere coraggio di guardare dentro se stessi ed accettare che vi sia anche quello che non piace. Perché un conto è frugare ansiosi tra i relitti portati dal mare, come fa il pappagallo Mac, per trovare i segni di questo mondo nuovo lontano di cui si intuisce l’esistenza senza averne prova, un altro è trovarselo di fronte e dover inventare un codice comunicativo condiviso, se non altro per capire quando questa novità sia foriera di pericoli.
Vale la pena di provare, sembra suggerire il film ai piccoli spettatori, non solo a vedere le cose dal punto di vista dell’altro, ma anche di abbozzare un tentativo di incontro, con il rischio di diventare amici. Amici veri, cosa che comporta tempo e fatica, incomprensioni culturali ed incidenti di percorso, mentre si dovrebbe diffidare del primo gatto arrivato sull’isola che già si atteggia a padrone ed arringa la folla degli animali indigeni contro il naufrago invasore sulla “nostra” isola (ma nostra di chi, quando anche voi gatti vi siete appena sbarcati, e forse non con le migliori intenzioni?).
Il cane di Robinson muore nell’incendio provocato dai gatti, sacrificandosi per salvare il pappagallo Mac, e dal dolore di questa morte nasce la consapevolezza di chi siano quelli di cui diffidare e quelli, come Crusoe, con cui forse si può allacciare un rapporto, forse anche solo perché vederlo sofferente ed inerme per la morte dell’amico muove a pietà. Con il rischio di conoscere davvero qualcuno e di volergli essere accanto sempre. Ecco, guardandoli ridere auguro loro di essere sempre pronti al cambiamento e di provare a non averne troppa paura.

Sara Valentina Di Palma

(12 maggio 2016)