serpente…
A fianco della ben nota mitzvah di amare il prossimo come se stessi (con tutte le implicazioni ed i distinguo che in realtà la mitzvah comporta), esiste nella Parashà di questa settimana anche la mitvah di richiamare chi si comporta in maniera scorretta; e personalmente credo che sia una di quelle mitzvot fra le più difficili da mettere in pratica in maniera corretta. Ad esempio, sappiamo che vendicarsi o serbar rancore per un male ricevuto è vietato; tuttavia, la Ghemarà in Yomà (22) dice che “qualunque sapiente che non si vendica e non serba rancore come un serpente, non è un sapiente”. Come va inteso questo insegnamento? Si deve essere puntigliosi, o no?
Il Midràsh racconta che fu chiesto al serpente che gusto provasse a mordere le persone, visto che per lui qualunque cibo ha il sapore della polvere. La sua risposta fu che non prova alcuna soddisfazione a mordere le persone, ma lo fa perché è ciò che gli è stato imposto di fare.
Analogamente, se uno rimprovera il suo prossimo in modo tale da rendere evidente che lo fa non per una vendetta personale o perché ne ricava una soddisfazione, ma solo perché è ciò che si deve fare, allora dimostra che il suo comportamento è dettato dall’esecuzione della mitzvah di amare il prossimo.
Elia Richetti, rabbino
(12 maggio 2016)